Affascinante è che l’attuale periodo d’oro del tennis azzurro sia simbolizzato da Jannik Sinner, cresciuto fra paesaggi alpini mozzafiato. Lo stesso ragazzo delle Alpi che gareggia in questi giorni nella Parigi preolimpica, a Roland Garros, preparandosi a diventare il primo tennista italiano numero 1 di sempre. In effetti, nel nostro immaginario, le Alpi rappresentano l’Italia che, nel bene e nel male, si trova maggiormente a competere con gli elementi, a ogni nuova stagione. Un’Italia con muscoli supplementari, vivendo agonisticamente sotto sforzo.
Nell’ideale olimpico, lo sport è inclusivo, per permettere a tutti, decoubertinianamente, di partecipare. Ma al contempo, è pure l’arte di superarsi, come vuole lo stesso motto olimpico coniato dal padre domenicano francese Henri Didon, grande amico e ispiratore del barone Pierre de Coubertin: Citius, altius, fortius. Ovvero, ‘più veloce, più in alto, più forte’. Un motto leggermente rivisto dal 2021, con l’aggiunta della parola communiter, ‘insieme’.
Vien da pensare a tutto ciò mentre l’ammiratissimo viaggio della fiamma olimpica fa tappa in Normandia e Bretagna, ovvero le regioni che in Francia più simbolizzano, come le Alpi in Italia, il superamento di sé e la dimensione agonistica della vita.
In Normandia, in queste settimane preolimpiche, gli 80 anni dallo Sbarco alleato lanciato il 6 giugno 1944 rimandano subito pure a un episodio eroico in particolare: la conquista della Pointe du Hoc da parte di soldati americani ‘scalatori’ muniti di corde, oltre che di dosi eccezionali di coraggio, capaci di neutralizzare le postazioni naziste proprio in alto sulla scogliera a picco. Così, il fatto che Parigi 2024 abbia conservato la prova di arrampicata, introdotta nell’ultima edizione di Tokyo, può apparire in questi giorni di grandi commemorazioni pure come un implicito omaggio al sacrificio di quei ragazzi di 80 anni fa senza i quali lo spirito olimpico sarebbe stato probabilmente spazzato via dal Vecchio Continente.
Dal canto suo, la Bretagna delle maree ciclopiche, già terra leggendaria di re Artù e dei cavalieri della Tavola rotonda, è oggi il cuore europeo della vela agonistica transoceanica. Tanto che vi risiede ad esempio pure lo skipper fiorentino Giancarlo Pedote, fra i protagonisti mondiali delle traversate oceaniche solitarie della classe Imoca, ovvero con velieri monoscafo di 18 metri.
Bello è così ricordare, in particolare per i credenti, che la celeberrima e millenaria Abbazia benedettina del Mont-Saint-Michel, raggiunta dalla fiamma olimpica il 31 maggio, segna proprio la frontiera e la sintesi fra queste due magnifiche regioni ‘agonistiche’. Un simbolo universale della natura umana pronta a superarsi, con il pensiero a Ciò che sta oltre l’orizzonte, facendo fruttificare così ogni talento.
Sul posto, i 50mila presenti hanno seguito la staffetta di tedofori d’eccezione, come l’astronauta Thomas Pesquet, che aveva fotografato dallo spazio l’impareggiabile abbazia ‘sospesa’ in aria, e l’ex vogatore 101enne Roger Lebranchu, olimpionico nel 1948 dopo essere stato incarcerato 2 anni nel campo di concentramento di Buchenwald durante la Seconda Guerra Mondiale, per l’impegno come partigiano.