Sono le figure come quelle di san Pietro Claver a farci capire cosa vuol dire guardare a tutti gli esseri umani come sorelle e fratelli, figli dell'unico Dio che è amore infinito. Questo gesuita spagnolo, infatti, fu un riflesso della luce del Risorto in mezzo agli ultimi, agli emarginati, agli schiavi, decidendo egli stesso di vivere da «servo dei servi». Era nato a Verdù in Catalogna, non lontano da Barcellona, nel 1580 e aveva pronunciato i primi voti tra i Gesuiti nel 1604. Tra il 1605 e il 1608 studiò filosofia a Palma di Maiorca, dove incontrò e si affidò alla saggezza di un semplice confratello portinaio, Alfonso Rodriguez, che poi venne canonizzato assieme a lui. Partì quindi per la Colombia e venne ordinato sacerdote nel 1616 a Cartagena. Fu in questa città che si trovò ad assistere con i propri occhi al dramma di migliaia e migliaia di schiavi neri che arrivavano al porto dopo essere stati deportati dalla propria terra. Davanti a quell'umanità sofferente pronunciò il proprio voto personale: essere schiavo degli etiopi (dove per “etiopi” all'epoca si usava per indicare tutti i neri). Per meglio comprendere la loro situazione – che li portava spesso a morte precoce per la fatica e i maltrattamenti – e poterli aiutare imparò anche la lingua dell'Angola. Ammalatosi di peste morì nel 1654. È santo dal 1888; dal 1886 è patrono delle missioni cattoliche tra i neri.
Altri santi. San Ciarano il Giovane, abate (VI sec.); beato Giorgio Douglas, martire (XVI sec.).
Letture. Romano. 1Cor 9,16-19.22-27; Sal 83; Lc 6,39-4.
Ambrosiano. 1Pt 2,13-25; Sal 22 (23); Lc 16,19-31.
Bizantino. Gal 4,22-27; Lc 8,16-21.
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