Gran parte dei nostri ragazzi non erano ancora nati quando un ministro della Repubblica, Letizia Moratti, ebbe intenzione di rifondare la scuola sulla base della triade Inglese, Internet, Impresa. Quelle tre parole d'ordine non solo non hanno risolto i problemi, ma si sono rivelate addirittura parte del problema, perché adottavano le categorie dei mezzi, dello spazio, del presente. Inglese e Informatica sono strumenti imprescindibili, ma tali restano: ottimi sci o le migliori racchette da tennis non sono garanzie di successo, se non si accompagnano a esercizio e ambizione. La stessa impresa implica competenze esecutive o direttive che non si apprendono direttamente sui banchi di scuola: la scuola insegna i fondamentali, insegna a imparare, perché in tutti i mestieri bisogna imparare e reimparare continuamente. Alla scuola, il luogo dove si formano "cittadini" e non "utili impiegati" (Nietzsche), spetta indirizzare i ragazzi secondo un'altra triplice i: intelligere, cogliere (legere) i problemi nella loro profondità (intus) e relazione (inter); interrogare, educare alle domande e ai perché; invenire, "scoprire", cioè conoscere quanto ci ha preceduto e immaginare nuovi stili di vita per i giorni a venire. La scuola si deve muovere nell'orizzonte dei fini, del tempo, del futuro.
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