Per Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) si intendono le indicazioni, scritte (o videoregistrate con due testimoni, se ci sono particolari condizioni di disabilità) con le quali una persona maggiorenne esprime le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari in previsione di una eventuale futura incapacità di manifestare un consenso o un dissenso. In letteratura si trova anche il termine di “testamento biologico” (in inglese living will). In Italia tali disposizioni sono regolamentate con la legge 219 del 22 dicembre 2017. Questa, all’articolo 4, prevede le modalità per la loro redazione, la possibilità di nominare un “fiduciario”, cioè persona di fiducia che possa essere interpellata sulle stesse Dat, la responsabilità del medico di rispettarle (ma anche di interpretarle in base alle concrete condizioni cliniche del paziente e degli sviluppi delle terapie disponibili). Le Dat rappresentano la possibilità per una persona, in piena libertà, di esprimere la propria visione di vita, i valori, i desideri e i limiti nei confronti delle cure, anche quando non sarà più in grado di manifestare la sua volontà.
D’altra parte è importante evitare il rischio di una deriva burocratico-formalista che facilmente scivolerebbe su moduli prestampati e/o dichiarazioni preparate da altri invece che dalla persona. Proprio per questo il medico di fiducia dovrebbe essere in grado di aiutare la persona nell’estensione delle Dat e potrebbe esserne depositario con opportuna segnalazione e registrazione. Ciò eviterebbe di elaborare disposizioni troppo generiche o non appropriate ai propri reali rischi di malattia; e quindi poco utili per definire, da parte dei curanti, dei familiari e del fiduciario come procedere in future situazioni cliniche in cui il paziente non è più cosciente. La lontananza temporale da una condizione di malattia non ancora presente può rendere meno adeguate le Dat. Diverso, invece, è quanto previsto dall’articolo 5 della legge, riguardante la «pianificazione condivisa delle cure» che consentirebbe di realizzare un piano di trattamenti condiviso con il paziente, in vista di una evoluzione della malattia che porti a una incapacità di intendere e di volere. Qui siamo in presenza di una malattia e di una relazione di cura. Nel complesso, è importante far conoscere tale legge e incoraggiare una discussione sulla opportunità di esprimersi per tempo, in particolare per malattie croniche in riferimento ai loro sviluppi.
Le disposizioni anticipate sono accettabili anche da un punto di vista cattolico come elemento che potrebbe favorire un dialogo in famiglia e con il medico di fiducia sul futuro della propria esistenza, l’accettazione della umana fragilità e mortalità, uno strumento utile per le decisioni terapeutiche da prendere, un “prepararsi” al passaggio finale, quando la malattia evolve verso la terminalità.
Cancelliere
Pontificia Accademia per la Vita
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