lunedì 15 gennaio 2024
I «giusti di Gomorra» e gli sguardi dei bambini nelle immagini di Davide Cerullo. Cresciuto fra le Vele, in carcere scopre la storia biblica di Re Davide e tutto cambia: è la cultura che salva
"La cultura è l'unica arma di riscatto" fra le Vele di Scampia. Una delle immagini di Davide Cerullo in "Volti di Scampia. I giusti di Gomorra" (AnimaMundi)

"La cultura è l'unica arma di riscatto" fra le Vele di Scampia. Una delle immagini di Davide Cerullo in "Volti di Scampia. I giusti di Gomorra" (AnimaMundi) - © Davide Cerullo

«La cultura è l'unica arma di riscatto». Lì, fra le Vele di Scampia, dove «basta crederci e trovi un mare di bene». Lo mostra, scatto dopo scatto, Davide Cerullo. Senza sconti, né retorica. Perché anche lui è figlio di Scampia, quartiere divenuto simbolo del degrado, a Napoli. E con la forza della sua storia racconta una Scampia autentica. Che va oltre Gomorra. Volti di Scampia. I giusti di Gomorra si intitola infatti il suo libro, di testi e foto (edizioni AnimaMundi, pagine 152, euro 30). Anche se Davide non si definisce «fotografo». E ha ragione, perché non è solo un fotografo. Ma tanto altro. È «argento vivo», come il «mercurio» del termometro, per «misurare la febbre», ma anche «la temperatura esterna di Scampia» - per usare le parole di Erri De Luca. «La sua vita è passata dai campi da pascolo ai mostri edilizi piantati al loro posto. Scampia è il nome di un avamposto, anziché di un quartiere della periferia vesuviana. A Scampia gli abitanti tentano la vita normale in mezzo all’arrembaggio delle prepotenze, delle illegalità pubbliche e private. Perciò più intensa e più civile è l'aspirazione alla convivenza, più necessario ogni gesto di mutuo soccorso. Davide – annota ancora De Luca in apertura del libro, ripercorrendo la storia di conversione in carcere di Cerullo – è l'inventore della sua stessa vita, passata da imprigionato a motore di sprigionamento suo e dei suoi paraggi. Ha voluto scrivere e ha trovato un suo inchiostro inconfondibile, un suo calco su pagina che in altri casi letterari si chiama stile, e nel suo caso è invece impronta». Di parole e di scatti.

«Della sua storia conosco uno dei molti inizi – continua lo scrittore partenopeo, autore di libri straordinari come Tu, mio o Montedidio, Il peso della farfalla fino all’ultimo “vocabolario napoletano di effetti personali”, A schiovere –. Un giorno in una cella sente che in un libro c'è il nome di uno che si chiama Davide, anche lui. Stacca quelle pagine, le legge a precipizio. Ha nelle sue mani la storia di un altro se stesso, un Davide re in Gerusalemme, ma anche pastore bambino come lui, ma anche bandito come lui, ma anche scrittore come lui. Queste immagini contengono la più accanita volontà di riscatto della realtà. Qui c’è la coincidenza tra un Davide e quell'altro, il re in esilio. Questo è, per immagini, un nuovo libro dei Salmi».

“Re” Davide Cerullo, ha un prima e un dopo. Ragazzino pastore con papà e le sue capre, l’infanzia con il mito dei boss e lo spaccio, “a vendere la morte” fra le Vele di Scampia. Fino alla galera a Poggioreale. Qui l’incontro con le pagine di Davide. Il re pastore. Come lui. Davide sceglie con coraggio di farsi pastore di se stesso. Di seguire altri greggi e pascoli. Si salva con le armi della lettura (da Pierpaolo Pasolini allo stesso Erri De Luca), della scrittura e della fotografia. A cominciare dal racconto dei volti di Scampia, il mare di bene di Scampia.

Se “Gomorra” di Roberto Saviano e i film e la letteratura che ne seguono fanno scoprire dove abita la camorra, Cerullo va oltre, prova a raccontare Scampia da un’altra prospettiva: da dentro, da chi la vive ogni giorno, fuori da stereotipi e cliché narrativi. Dalla sua storia e da quella dei tanti bambini ai quali, lì, fra quei palazzi di periferia, si rubano i sogni: «Il crimine più grande che si possa commettere contro l’umanità è non permettere a un bambino di essere un bambino». In Ali bruciate (con Alessandro Pronzato, edizioni Paoline) racconta come si può voltare pagina e comincia a girare per le scuole, nelle città, per fare conoscere i veri volti di Scampia.

Racconto e testimonianza, con l’associazione che fonda insieme alla moglie, “L’albero delle storie”, spazio di gioco, di confronto, aperto e all’aria aperta, fra gli animali e il verde (speranza) di Scampia. «La cultura è l’unica ancora di salvezza, l’unica arma di riscatto», afferma. È la stessa frase scritta, a colpi di bombolette spray, sull’ingresso di una Vela di Scampia, che Davide ha fotografato più volte e con più volti.

«Ho scelto la fotografia come narrazione visiva – scrive Cerullo – per dire, riferire, per suscitare quello che ammoniva Martin Luther King: “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”. Con questi scatti, ho voluto catturare un'infanzia violata, senza giochi, senza scuola, senza sogni, senza neppure il diritto di avere paura, perché i bambini della camorra non devono avere paura. Io stesso sono stato uno di questi bambini, reclutato ancora imberbe per operazioni rischiose e per traffici illegali. Bambini già adulti, a cui si nega il tempo irresponsabile del gioco, a cui si impongono regole di sopravvivenza e di sopraffazione. Ho voluto immortalare i ritratti dei bambini con quell'umanità che mai può essere disgiunta dalla comprensione, ricordandoci che il loro mondo è sacro e che violare il candore dell'infanzia è uno dei comportamenti più spregevoli che un adulto possa mai compiere».

Foto che «denunciano l'urgenza di restituire a questi bambini le ali, per permettere loro la possibilità di volare, alimentare la speranza, impegnarsi per un futuro diverso e, in definitiva, diventare adulti». Cerullo cita Danilo Dolci: «Ciascuno cresce solo se sognato». «Ebbene, io in queste foto questi bambini tento anche di "sognarli" e, nel mio sogno, di riscattarli dall'oscurità che li vorrebbe risucchiare».

Gli occhi dei bambini di Davide Cerullo seguono la luce, guardano un orizzonte possibile e sognano. Da qui «è difficile arrivare sui tetti di Napoli, con tutte quelle case abbracciate l’una sull’altra, col cielo nascosto e poca aria. Ma chi ci riesce può volare più in alto di tutti perché ha visto, ha imparato, ci ha creduto e ha resistito. E nel suo volo non dimentica». Sulle Vele, nel mare di bene di Scampia, soffia un vento che può portare lontano. Sì, la cultura è l'unica arma di riscatto.

Una foto e 997 parole.

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