mercoledì 12 giugno 2024
Paris est une fête (Parigi è una festa), recita il titolo francese di una serie di rievocazioni autobiografiche di Hemingway d’ambientazione molto parigina. Una frase divenuta...
Olimpiadi, svelati gli anelli olimpici sulla Torre Eiffel

Olimpiadi, svelati gli anelli olimpici sulla Torre Eiffel - ANSA

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Paris est une fête (Parigi è una festa), recita il titolo francese di una serie di rievocazioni autobiografiche di Hemingway d’ambientazione molto parigina. Una frase divenuta poi uno slogan e ‘scudo’ riconfortante durante la stagione drammatica delle stragi jihadiste, attorno al 2015.

In effetti, al di là d’ogni dramma, trauma e grigiume, Parigi tiene caparbiamente a restare ‘festiva’. Un messaggio che, secondo gli organizzatori dei Giochi imminenti, risuonerà fino all’apoteosi nei giorni olimpici. Ma Parigi saprà davvero «abbracciare il mondo», a dispetto di un forte orientamento xenofobo di ritorno in Francia sul piano politico?

A suggerire quest’interrogativo è pure il percorso della fiamma olimpica, salpata il 7 giugno a bordo di un veliero e pronta a inanellare tappe a ogni latitudine per rendere omaggio ai territori francesi dell’Oltremare: dalla Guyana (9 giugno) fino alla Martinica (17), passando anche per la Polinesia (13).

Si tratta di contrade che ricordano ancora la storia coloniale francese e il tentativo di lasciarsela davvero alle spalle: una sfida sempre aperta, come prova ad esempio la gravissima crisi in corso in Nuova Caledonia.

Nel bene e nel male, anche come ex cuore politico d’un imperialismo coloniale, Parigi conserva un ruolo rilevante nella sfida della diversità e del dialogo culturali. Forse anche per questo, la capitale ospita così tante istituzioni internazionali legate alla cultura o allo sport, come l’Unesco, il Bureau internazionale delle Esposizioni, la Federazione internazionale dell’Automobile. Sul piano strettamente sportivo, poi, non mancano i grandi campioni francesi divenuti pure dei simboli della sfida dell’inclusione: da Yannick Noah a Marie-José Pérec, da Lilian Thuram a Kylian Mbappé.

In realtà, come nelle edizioni precedenti, il lustro reale della grande ‘festa’ olimpica di Parigi sarà pure un riflesso di tutti i segni, piccoli o grandi, trasmessi per far retrocedere almeno un po’ il morbo invisibile del razzismo che continua a infestare il nostro tempo, anche nella scia di una mai spenta mentalità coloniale.

In proposito, certe spie ravvivano la preoccupazione e l’indignazione: secondo «Il rovescio della medaglia», un collettivo associativo in parte d’ispirazione cristiana, 12.545 senzatetto sono già stati discretamente ‘allontanati’ dalla Regione parigina fra l’aprile 2023 e il maggio 2024. Operazioni denunciate come una campagna di «pulizia sociale».

Ma altri segni ispirano applausi, come la scelta d’insediare il prestigioso Villaggio Olimpico nel cuore del dipartimento della Senna-Saint-Denis, nel settore Nord della banlieue parigina: un mosaico multiculturale così spesso stigmatizzato in passato.

Insomma, al di là degli slogan, persino la ‘tollerante’ Parigi cerca in realtà ancora la sua rotta, chiedendo adesso un po’ aiuto a queste Olimpiadi. Forse, basterebbe un solo gesto o sguardo d’umanità splendente per rendere indimenticabili questi Giochi. Quel genere di luce che trasforma di colpo luoghi, quartieri, città. Lunga è ancora la strada per debellare il razzismo. Anche per questo, conforta pensare che a volte basta un nulla per ritrovarsi in mezzo alla più inattesa e autentica delle feste.
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