Mio fratello ha trovato una foto che ritrae nonno Paolo, macellaio a Masio, nel Monferrato, con un bue dal manto nero che si chiamava "Carnera". Non ho conosciuto mio nonno, ma ne porto il nome, e dietro quell'immagine penso ai suoi anni di miseria, fra le due guerre mondiali, emigrato in Argentina e tornato con quattro figli. I nazisti razziarono la macelleria e si portarono via l'unico maschio, che venne liberato prima di arrivare nei campi di concentramento, ma quel trauma lo ha accompagnato per sempre. Mia nonna Angiolina, vignaiola, visse fino a 88 anni e quando non ebbe neppure gli occhi per piangere, dopo la morte del marito, l'unica cosa che immaginò ragionevole fu prendere un treno per andare a San Giovanni Rotondo, da Padre Pio, che la ricevette e la scrollò dalla paura, energicamente, perché c'era la vita davanti.
Ieri sera, ho chiuso l'ultima pagina del libro La Crepa e la Luce di Gemma Calabresi Milite, che è la sua storia sulla strada del perdono, iniziata quel 17 maggio del 1972, quando il marito Luigi, commissario, venne ucciso in un agguato sotto casa e lei, a 25 anni, si ritrovò vedova con tre figli, anch'essi non esenti dal trauma, neppure quello che aveva in grembo e che avrebbe portato il nome del padre. Però ho pensato subito all'urto di queste vite, di mia nonna, di Gemma e di come la fede, che significa riconoscere una presenza che ti guarda pur senza far sconti, possa cambiare la storia e diventare costruzione. La pace si definiva “finzione”, quando studiavamo alla Facoltà di Scienze Politiche: è una tregua fra potenze che dominano il mondo. Ma cosa è allora la pace interiore che inizia a cambiare il rapporto coi figli, col prossimo? La guerra, ci insegnavano ancora, ha come conseguenza di unire per diventare “sintesi politica”, e a vedere l'Europa in questi giorni sembra teoria matematica. Ma ci vuole ben altro, perché se non si riparte dalla sacralità di ogni persona, che a sua volta è spettacolo agli occhi di Dio, ci si autodistrugge. Alcuni amici insegnanti mi hanno fatto presente che si sono acuite le patologie alimentari nei ragazzi: la pandemia è stata un trauma, ma una guerra che non sentiamo lontana, questa volta, lo è ancora di più. Bulimia e anoressia, due facce della stessa medaglia che vedono il cibo come nemico, stanno formando crepe. E come vorremmo essere invasi da una luce, parafrasando il titolo di quel libro di Gemma, dove c'è dentro il dolore, ma anche la gioia, perché la vita è fatta di questi chiaroscuri che rendono potente la luce anche da una crepa. Grazie Gemma, per averci rappresentato che, questo, è il momento della testimonianza.
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