domenica 12 novembre 2023

Caro Tarquinio,

credo utile precisare che criticare lo Stato d'Israele, nelle politiche dell'attuale Governo, non sia antisemitismo, come dimostra la critica interna da parte di non pochi ebrei israeliani. Così come criticare la politica di Putin non è essere antirussi. Altrimenti avremmo una esenzione dalla possibilità di criticare uno Stato che sta commettendo crimini contro l'umanità, in nome di una pretesa condizione di “vittima” permanente e intoccabile. Mi interesserebbe il suo pensiero al riguardo.

Bruno Amadio

Caro Tarquinio,

papa Francesco continua a parlare di “pace giusta” tra israeliani e palestinesi, e quello che lui dice è unico nel panorama internazionale, anche se purtroppo resta inascoltato! Già, chi vuole la pace giusta? Questo bisogna per prima cosa chiedersi, perché Hamas vuole la distruzione del nemico e Netanyahu reagisce con la vendetta, accompagnata dalla pretesa di dettare lui e solo lui la soluzione. Così non si va da nessuna parte, proprio come con chi prende posizione per gli uni o per gli altri in modo unilaterale e ideologico. La pace giusta la possono fare i due popoli, gli arabi palestinesi e gli ebrei, riconoscendosi l’un l'altro e uscendo dalla logica di contrapposizione che regna ormai ovunque, drammaticamente anche al Palazzo di Vetro dell'Onu che avrebbe potuto e dovuto essere il perno del lavoro di pace. La pace giusta può nascere dal dialogo faticoso e dal lavoro duro che i due popoli sono chiamati a fare, i due popoli, e soprattutto chi in loro ha già uno sguardo positivo sull'altro. La pace giusta non è mai imposta dall’alto, ma è costruita da uomini e donne di buona volontà, e tanti e tante ve ne sono dentro il popolo palestinese e in quello ebraico. È ora di voltar pagina, dopo tutto il tempo che si è perso con gravi errori dei politici di entrambe le parti.

Gianni Mereghetti

Caro Marco Tarquinio,

la penso come il professor Tomaso Montanari: credo che l’Italia non si potesse e non si dovesse astenere sulla mozione votata a grande maggioranza dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per un immediato cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. Questo, invece, si è deciso di fare. E allora anch’io dico: « I morti palestinesi per il governo Meloni valgono meno dei morti israeliani: questa è complicità».

Patrizia Sole

Caro Marco Tarquinio,

ci vorrebbe una marcia arabo-israeliana su Gaza, saggi e coraggiosi ebrei, cristiani e musulmani insieme!

Francesco Masut

Caro Tarquinio, è possibile che a noi lettori- spettatori arrivino tante fake news? Penso a quello che è successo in un ospedale cristiano di Gaza affollato di pazienti e profughi proprio all’inizio della risposta israeliana alla strage e ai rapimenti compiuti il 7 ottobre scorso da Hamas. Ancora oggi non è possibile avere certezza su che cosa è davvero successo, sull’origine dell’ordigno che ha distrutto e fatto morti e feriti e su quante vittime ci sono state. Ci si esercita a seminare confusione non parlo di “Avvenire”! – anche a proposito delle parole del Papa: si prendono alcune parti dei suoi appelli per il cessate il fuoco immediato e per un cammino di pace e da lì si comincia, strumentalizzando e polemizzando, come se si volesse creare una sorta di perplessità permanente in noi che siamo l’opinione pubblica. Ci dovremo scordare un'informazione abbastanza vicina al “vero”, al “reale”? A volte - ahinoi - sembra di vivere un mondo da play station...

Marco Sostegni

Nulla è peggio dei massacri di esseri umani, ma un’informazione schierata a rafforzare le vere o presunte ragioni dei massacri è complice del peggio, perché è l’esatto contrario di ciò che serve alle vittime delle guerre. Ed è nemica deliberata della verità, che delle guerre – come ha ammonito una volta per tutte Eschilo – è sempre la prima vittima. Perché le guerre, chiunque sia a farle, chiunque sia il buono di turno (alla fine, chi ammazza di più e, dunque, prevale), sono tutte uguali: somministrazione di terrore, dolore, distruzione e morte. C’è sempre chi le incomincia, ma non si fanno mai da soli. Perciò si può anche tentare di raccontare come un fazioso chi chiede prima di ogni altra cosa di “cessare il fuoco”, si può anche tirare la tonaca a papa Francesco e stiracchiare di qua o di là le sue parole di pace (figuriamoci le nostre!), ma non si può rinunciare a fare i conti con la realtà. L’amico Marco Sostegni ha ragione a ribellarsi alle nebbie sbagliate fatte calare su una guerra che nessuno o quasi si azzarda più a definire giusta. Il terrorismo atroce di Hamas e i cingoli dei carri armati di Netanyahu, la pioggia di razzi letali scatenata dalla striscia di Gaza e le bombe e i missili per nulla intelligenti che arrivano da Israele fanno tutti lo stesso sporco lavoro. Che dovrebbe ripugnare alle coscienze, e da esse dev’essere ripudiato, proprio come dichiara con fermezza la Costituzione italiana all’articolo 11. Mi sono emozionato ad ascoltare dall’altro capo del mondo, grazie a Radio Radicale, l’intervento, davanti all’Ufficio di presidenza della Commissione antirazzismo, di Liliana Segre, senatrice a vita (che Dio ce la conservi, e che i legislatori e i Presidenti della Repubblica custodiscano con figure di questa levatura i pochi seggi che rappresentano il massimo onore dell’Italia repubblicana). E consiglio a tutti di rileggerlo dal sito di “Gariwo, la foresta dei Giusti” dell’amico Gabriele Nissim (https://it.gariwo.net/editoriali/liliana-segrenon- e-il-momento-di-rimanere-passivi-la-vitadi- ogni-bambino-e-sacra-26639.html). Eccone due passaggi che sento e faccio totalmente miei e che, alla mia maniera, come tanti altri, cerco di interpretare davanti a ogni guerra e sopraffazione. «Voglio continuare a coltivare la speranza – ha detto Liliana Sagre –. (…) L’utopia di un mondo che ripudia la guerra e il terrorismo, che ripudia l’antisemitismo, l’islamofobia e ogni tipo di razzismo, ogni discriminazione, che contrasta l’odio dilagante nelle strade, ma anche sui social e nell’universo online, con la cultura della pace, del confronto, del rispetto, della solidarietà. Utopia? Sì utopia. Di chi crede che la violenza non sia l’antidoto alla violenza, ma ne generi altra, all’infinito». E ancora: «Questo non è un momento per rimanere passivi a quello che succede e lasciare ad altri l’incarico di risolvere le cose. Se ognuno di noi, uomo, donna, di qualunque religione, non ha la possibilità di dire quello che pensa e di cercare di mettere in atto quello che si è prefisso nella vita, allora non sono solo io che, nei momenti più cupi, penso di aver vissuto invano, ma chi non segue la propria natura più profonda e lascia fare agli altri disinteressandosi con indifferenza è molto colpevole. E in questo momento non si può essere colpevoli. In questo momento bisogna piangere per i bambini di ogni nazionalità, di ogni colore, di ogni credo, perché i bambini sono una cosa sacra e non vanno toccati per nessun motivo e sotto nessuna latitudine». Il nostro lavoro di cronisti, in tempi di propagande violente come le stragi e di dilagante informazione “embedded” (cioè non solo al seguito di questo o quel belligerante, ma da costoro orientata e a volte disciplinata), ha più che mai senso se serve a far vedere l’orrore della guerra e a illuminare e sostenere il civile impegno per fermarla. Sogno, anch’io come Francesco Masut e Gianni Mereghetti, un voltare pagina che si faccia anche marcia fraterna oltre le bombe, marcia di uomini e donne decisi a fare pace non perché è facile (non lo è affatto), ma perché è l’unica scelta che ha senso e per la quale vale la pena di spendere ogni energia politica, morale e spirituale. Per questo, lo confermo a Patrizia Sole e a Bruno Amadio, penso che la tattica dell’astensione sulla richiesta di “cessate il fuoco” scelta dall’Italia di Giorgia Meloni (ma anche dalla Germania di Olaf Scholz) sia strategicamente e umanamente sbagliata. E per questo non ho paura di dire che Hamas lavora in realtà e ferocemente contro la causa del popolo palestinese e che Bibi Netanyahu agisce da anni e, e oggi di più, contro l’interesse del popolo israeliano. Se qualcuno ritiene che quest’ultimo giudizio sia un atto di antisemitismo, mi dispiace per lui, perché non è una polemica seria, mentre il riaccendersi intollerante e intollerabile dell’antisemitismo purtroppo è ferita aperta e serissima.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI