Quando nella prima Lettura abbiamo sentito questa voce dell’Angelo che gridò a gran voce ai quattro Angeli ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare e di distruggere tutto: «Non devastate la terra né il mare né le piante» (Ap 7,3) a me è venuta in mente una frase che non è qui, ma è nel cuore di tutti noi: “Gli uomini sono capaci di farlo meglio di voi”. Noi siamo capaci di devastare la terra meglio degli Angeli. E questo lo stiamo facendo, questo lo facciamo: devastare il Creato, devastare la vita, devastare le culture, devastare i valori, devastare la speranza. E quanto bisogno abbiamo della forza del Signore perché ci sigilli con il suo amore e con la sua forza, per fermare questa pazza corsa di distruzione! Distruzione di quello che Lui ci ha dato, delle cose più belle che Lui ha fatto per noi, perché noi le portassimo avanti, le facessimo crescere, per dare frutti. Quando in sacrestia guardavo le fotografie di 71 anni fa [bombardamento del Verano 19 luglio 1943], ho pensato: “Questo è stato tanto grave, tanto doloroso. Questo è niente in comparazione di quello che accade oggi”. L’uomo si impadronisce di tutto, si crede Dio, si crede il re. E le guerre: le guerre che continuano, non precisamente a seminare grano di vita, ma a distruggere. È l’industria della distruzione. È un sistema, anche di vita, che quando le cose non si possono sistemare, si scartano: si scartano i bambini, si scartano gli anziani, si scartano i giovani senza lavoro. Questa devastazione ha fatto questa cultura dello scarto: si scartano popoli… Questa è la prima immagine che è venuta a me, quando ho sentito questa Lettura.
La seconda immagine, nella stessa Lettura: questa «moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua (7,9). I popoli, la gente … Adesso incomincia il freddo: questi poveri che per salvare la vita devono fuggire dalle loro case, dai loro popoli, dai loro villaggi, nel deserto … e vivono in tende, sentono il freddo, senza medicine, affamati, perché il “dio-uomo” si è impadronito del Creato, di tutto quel bello che Dio ha fatto per noi. Ma chi paga la festa? Loro! I piccoli, i poveri, quelli che da persona sono finiti in scarto. E questo non è storia antica: succede oggi. “Ma, Padre, è lontano …” – Anche qui, in tutte le parti. Succede oggi. Dirò di più: sembra che questa gente, questi bambini affamati, ammalati, sembra che non contino, che siano di un’altra specie, che non siano umani. E questa moltitudine è davanti a Dio e chiede: “Per favore, salvezza! Per favore, pace! Per favore, pane! Per favore, lavoro! Per favore, figli e nonni! Per favore, giovani con la dignità di poter lavorare!”. Fra questi perseguitati, ci sono anche quelli che sono perseguitati per la fede. «Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: “Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?” … “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”» (7 13-14). E oggi, senza esagerare, oggi, nel giorno di Tutti i Santi, vorrei che noi pensassimo a tutti questi, i santi sconosciuti. Peccatori come noi, peggio di noi, ma distrutti. A questa tanta gente che viene dalla grande tribolazione. La maggior parte del mondo è in tribolazione. E il Signore santifica questo popolo, peccatore come noi, ma lo santifica con la tribolazione.
E alla fine, la terza immagine: Dio. La prima, la devastazione; la seconda, le vittime; la terza, Dio. Nella seconda Lettura abbiamo sentito: «Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,2): cioè la speranza. E questa è la benedizione del Signore che ancora abbiamo: la speranza. La speranza che Egli abbia pietà del suo popolo, che abbia pietà di questi che sono nella grande tribolazione, che abbia pietà anche dei distruttori, affinché si convertano. Così, la santità della Chiesa va avanti: con questa gente, con noi che vedremo Dio come Lui è. Quale dev’essere il nostro atteggiamento se vogliamo entrare in questo popolo e camminare verso il Padre, in questo mondo di devastazione, in questo mondo di guerre, in questo mondo di tribolazione? Il nostro atteggiamento, lo abbiamo sentito nel Vangelo, è l’atteggiamento delle Beatitudini. Soltanto quel cammino ci porterà all’incontro con Dio. Soltanto quel cammino ci salverà dalla distruzione, dalla devastazione della terra, del Creato, della morale, della storia, della famiglia, di tutto. Soltanto quel cammino: ma ci farà passare cose brutte! Ci porterà problemi, persecuzione. Ma soltanto quel cammino ci porterà avanti. E così, questo popolo che tanto soffre oggi per l’egoismo dei devastatori, dei nostri fratelli devastatori, questo popolo va avanti con le Beatitudini, con la speranza di trovare Dio, di trovare a quattr’occhi il Signore, con la speranza di diventare santi, in quel momento dell’incontro definitivo con Lui.
Il Signore ci aiuti e ci dia la grazia di questa speranza, ma anche la grazia del coraggio di uscire da tutto quello che è distruzione, devastazione, relativismo di vita, esclusione degli altri, esclusione dei valori, esclusione di tutto quello che il Signore ci ha dato: esclusione di pace. Ci liberi da questo e ci dia la grazia di camminare con la speranza di trovarci un giorno a quattr’occhi con Lui. E questa speranza, fratelli e sorelle, non delude!