giovedì 18 aprile 2013
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Caro direttore,
leggo con profonda amarezza la rubrica di Liverani addirittura feroce con Emma Bonino, candidata al Quirinale. Sul tema della vita ho fatto molti interventi anche su "Avvenire" e sempre schierato, io laico e non credente, con l’intero mondo cattolico. Liverani ha sacrosanto diritto a colpire la storia personale della Bonino nella battaglia "contro" l’aborto. Quello che non è giusto fare è tacere che Bonino, con quella pompa in mano, dava una risposta, paradossale, estrema, imbarazzante, alle migliaia di aborti clandestini che si andavano facendo in Italia a opera di medici magari cattolicissimi, in cliniche private che si nascondevano dietro nomi magari altrettanto cattolicissimi, a suon di milioni. Questo per i ricchi. Per i poveri c’erano le mammane che spesso mandavano al Creatore la madre e il nascituro. Io ho avuto modo di raccontare al vostro giornale la crisi di coscienza che ebbi avendo partecipato alla votazione parlamentare che introdusse l’aborto in Italia. Io moralmente stavo con Bonino quando aiutava le donne, povere, ad affrontare quella prova drammatica che è l’aborto. Ma a Bonino – deputata, ministro, commissaria europea, vicepresidente del Senato, candidata al Quirinale – non risparmio una critica durissima per la sua battaglia per la cosiddetta parità uomo-donna nel calcolo dell’età pensionabile che si è trasformata in una condanna della donna. La donna che abbia il coraggio della maternità e nello stesso tempo voglia affrontare la fatica del lavoro, avrebbe avuto assoluto diritto a un pensionamento anticipato. E non per far un regalo alla donna, ma per ringraziarla del regalo che essa fa alla nostra società, storia, cultura e speranza di sopravvivenza, regalandoci la discendenza. Non aver considerato il calvario delle donne che vogliano partecipare alla vita sociale con il lavoro senza rinunciare alla vocazione procreativa è un peccato imperdonabile. Soprattutto per i cattolici, ma non solo per loro. Qui sta una colpa gravissima di tutta la nostra cultura "occidentale". L’Occidente nel giro di pochi decenni scomparirà e con esso la Cristianità, per far posto a culture diverse che erediteranno la terra solo per questa primitiva, santa vocazione riproduttiva che è iscritta nel nostro Dna e che queste culture sanno ancora ascoltare. In questa battaglia io avrei sperato di trovare Emma Bonino che in tante importanti battaglie è stata accanto alle donne. Contro il materialismo consumistico che si spaccia per liberale, liberista, mercatista ed è soltanto un  moderno e mostruoso Far West. Esso si va imponendo con la forza lobbistica di chi rieditando un neoilluminismo in realtà sta preparando un neocolonialismo venato di insopportabile razzismo. Cordialmente
Alessandro Tessari
I capi d’accusa nei confronti della chiara militanza anti-vita e, alla fine, come lei argomenta, anche anti-donne di Emma Bonino sono (in parte) diversi, caro professor Tessari, e sono diversamente articolati. Pier Giorgio Liverani, che è tra i miei predecessori al timone di questo giornale, li propone con sintesi ruvida e saettante che richiama ragionamenti e dimostrazioni di tutta una vita di generose e cavalleresche battaglie a viso aperto, lei alla sua maniera e appena più distesamente. Ma la sostanza, e non potrebbe essere altrimenti, è quasi identica. Dico "quasi" perché la nobilitazione degli aborti esibiti "contro" gli aborti clandestini che lei opera non riesce a convincermi e il resto della storia che lei stesso narra mi esonera dal dilungarmi in nuove spiegazioni: niente e nessuno può convincere della "giustizia" di quel figlio negato e ucciso. So comunque già che la storica esponente del radicalismo italiano e transnazionale rigetterebbe gli uni e gli altri capi d’accusa. Ma su questo – è noto – divergono in modo impressionante la visione e le scelte di radicali (e radicalizzati) e quelle dei laici e cattolici come lei, caro professore, e come noi. Loro – Bonino, Pannella e compagnia – sostengono che non ci capiamo a causa dei nostri "dogmi" (che, dunque, che lei creda o meno, diverrebbero anche suoi…). Ridicolo. Ma un simile sproposito dialettico – che si vuole a tutti costi far diventare luogo comune – è indispensabile a certi polemisti per non ammettere che per difendere la vita, l’autenticità piena della donna e l’insostituibile ricchezza della relazione donna-uomo è preziosa la fede, ma da secoli bastano e avanzano la forza della ragione e un po’ – quanto basta – di cuore. Detto questo, caro professore, trovo suggestiva e saggiamente incalzante la sua pur pessimistica conclusione-previsione, ma da uomo d’Occidente, da cittadino del mondo e da italiano non rassegnato ad alcun declino penso che la vecchia Europa e l’intero mondo occidentale non abbiano già necessariamente e definitivamente perso se stessi. Certo, la sfida si fa sempre più serrata e dura, per questo non evitabile e ancora aperta. Posso dirglielo? Me lo conferma proprio lei, perché nelle sue parole, persino nelle più amare, ritrovo la lucidità e la tempra dell’uomo di pensiero vivo e di speranza. Ricambio con amicizia il suo saluto.
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