Le recenti drammatiche inondazioni in Europa sono probabilmente uno degli effetti del degrado del clima causato dalle scelte politiche ed economiche degli ultimi decenni. Lo dicono gli stessi governanti che fecero quelle scelte e che ora promettono che ne faranno di opposte. Come giudicheremo fra vent’anni le promesse di redenzione ecologica di questi giorni? Uno sguardo al passato ci dà qualche spunto. È trascorso meno di un anno da quando la televisione tedesca produsse e trasmise il film Ökozid (ecocidio), ambientato nel 2034. Il racconto immagina un clamoroso processo ai maggiori responsabili politici, industriali e finanziari, seguito in diretta dalla popolazione.
Le accuse: inazione climatica, strage di massa, danneggiamento.
Durante il dibattimento scorrono filmati (autentici): frane, sgretolamento di ghiacciai, case e porti, alluvioni, automobili trascinate dalla corrente. E tempeste, cicloni, siccità, coltivazioni e armenti decimati, roghi di foreste, popolazioni affamate, migrazioni, sommosse.
I telegiornali ci mostrano già ciclicamente qualche immagine di tali eventi. Ma vederle tutte insieme fa un altro effetto. Già nel 1994 il film televisivo fantapolitico Crash 2030 - Protocollo di un processo per catastrofe climatica aveva presentato in Germania alla generazione precedente una storia identica. Il film era un collage di immagini di catastrofi socio-ambientali. Filmati autentici, ma fittiziamente ambientati nel 2030. Anche in Crash 2030 i massimi politici, industriali e finanzieri erano alla sbarra in tribunale. E l’intera nazione guardava in televisione 'il processo del secolo'.
In effetti, proprio L’Affaire du Siécle è il nome della campagna francese per la giustizia climatica di Oxfam, Greenpeace e Fondazione Hulot, che – forte di due milioni di firme – ha portato in tribunale lo Stato per «inazione climatica ». Con una sentenza storica il Tribunale amministrativo di Parigi ha riconosciuto nel febbraio 2021 l’inadempienza dello Stato e gli ha intimato di agire efficacemente entro alcuni mesi. L’11 giugno il Consiglio di Stato si è espresso nello stesso senso.
Mezzo secolo fa, era il 1972, a Stoccolma, la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano descrisse i maggiori problemi ecologici mondiali e le contromisure necessarie. Il 1972 fu anche l’anno di «I limiti alla crescita», il rapporto per il Club di Roma tradotto in trenta lingue che influenza da cinquant’anni la discussione globale social-ecologica.
Lo studio espose dieci scenari fino al 2100 che indicarono con un modello matematico ciò che anche il buon senso ci suggerisce: non è ragionevole pensare che l’economia materiale, fatta di esseri viventi, energia, combustibili, miniere, materie prime, edifici, impianti, suoli, acque e rifiuti, possa continuare a raddoppiare ogni vent’anni, per sempre.
Nel 1950 l’economista William Kapp scrisse I costi sociali dell’impresa privata, testo fondante dell’economia politica ecologica. Già settant’anni fa Kapp analizzava le cause e responsabilità e formulava la tassonomia e gli indicatori delle interazioni negative tra l’economia e la salute delle persone e dell’ambiente. Kapp tracciava anche le linee- guida politiche per abbattere i costi sociali (sociali, non solo ambientali). Il libro dei 'social costs' di Kapp, ristampato nel 2000, si può scaricare da Internet e leggere a tutt’oggi con profitto.
E con sconforto, per il tempo perduto. Infine, andando a ritroso, ricordiamo che nel 1896 Svante Arrehnius, premio Nobel per la chimica, pubblicò lo studio «Sull’influenza dell’acido carbonico nell’aria sulla temperatura del suolo», calcolando risultati sorprendentemente vicini a quelli calcolati oggi. Insomma, guardando in televisione le scene di desolazione di questi giorni non possiamo non pensare a cosa dovremo scrivere per i nostri nipoti: 'Perdonateci – se potete – perché sapevamo quello che facevamo'.