La petizione europea «Uno di noi» non è una petizione qualsiasi. È diversa da ogni altra per tre motivi. In primo luogo essa investe la democrazia nella Unione Europea. Appena entrato in vigore il nuovo istituto di democrazia partecipata, l’iniziativa dei cittadini europei (Ice), quasi due milioni di cittadini (il doppio del minimo richiesto dall’articolo 11 del Trattato di Lisbona) appartenenti a tutti i 28 Stati dell’Unione (4 volte il minimo prescritto) hanno chiesto atti giuridici che facessero cessare e impedissero in futuro il contributo finanziario Ue finalizzato alla uccisione di embrioni umani. La Commissione Europea (garante del diritto europeo) ha deciso di non dare seguito all’iniziativa.
Che differenza c’è tra una petizione (che può essere presentata con una semplice lettera anche da un unico cittadino) e l’Ice (che deve essere promossa in forme complesse, con verifiche statali, da almeno un milione di cittadini), se gli effetti sono gli stessi? Anzi: la petizione, almeno, è valutata da un organo democratico, il Parlamento, attraverso una sua specifica Commissione, mentre Ice è stata respinta da un organo politico esecutivo. Così stando le cose sarebbe meglio cancellare l’Ice eliminando lo strumento che era stato pensato per «avvicinare i cittadini all’Europa».
L’iniziativa conclusa per la festa dell’Europa chiede che la precedente Ice «Uno di noi» (e quindi ogni Ice) non possa essere equiparata a una semplice petizione. Pone dunque una questione molto seria per l’Ue: quella della democrazia. In secondo luogo, il nome «Uno di noi» pone un problema radicale, fondativo per l’Unione. Nella recente celebrazione dei Trattati di Roma (25 marzo) il ricordo delle origini ha fatto pensare al progetto iniziale: un continente pacificato e pacificatore. Per secoli, e nel modo più drammatico nella prima metà del secolo scorso, sangue fraterno è stato versato nell’Europa, e con le due guerre mondiali l’inimicizia ha contagiato il mondo. 'Basta! – si disse nell’avviare il processo di integrazione europea –, saremo per sempre popoli fratelli e propagheremo la pace nell’intero pianeta».
Ma continua a essere versato sangue filiale, con il suo denaro l’Europa incoraggia nel mondo la morte dei figli non ancora nati. «Che ti è successo, Europa?», ha gridato un anno fa papa Francesco nel ricevere il premio Carlo Magno. San Giovanni Paolo II aveva parlato dell’aborto come della «sconfitta dell’Europa». Paolo VI e Madre Teresa di Calcutta hanno chiesto: «Quale pace se non difendiamo ogni vita?». Il realismo non consente oggi di chiedere di più. L’Ice, e ora la petizione «Uno di noi», chiedono soltanto di non incoraggiare qualsiasi forma di distruzione di vite umane anche appena concepite.
È un piccolo passo, imposto, quanto meno, dal principio di precauzione, unanimemente accolto in Europa nel campo ecologico. Per questo la petizione, che sarà simbolicamente presentata oggi a Roma pochi giorni dopo la festa dell’Europa (9 maggio), è prima di tutto una testimonianza di esperti nel campo della sanità e del diritto, i quali dichiarano che il concepito è davvero un essere umano, un figlio, uno di noi, e quindi è giusto riconoscerlo come tale.
Anche se non tutti sono d’accordo, lo attestano molte voci autorevoli (la petizione è firmata da centinaia di docenti universitari). Dunque, quanto meno, l’Europa resti neutrale. Non incoraggi con il proprio denaro la morte di figli. I denari così risparmiati potranno essere destinati ad aiutare la maternità o la salvezza dei profughi che scappano dalla morte. Gettiamo un seme da cui può essere risvegliata l’anima dell’Europa: un continente pacificato e pacificatore.
Infine, la petizione «Uno di noi» è diversa da ogni altra perché non termina con la consegna delle testimonianze richieste alle istituzioni europee. Essa chiede infatti di essere sostenuta da tutte le espressioni della società civile che amano l’Europa, a cominciare dalle fondazioni che ricordano i tre padri fondatori dell’Europa – Schumann, De Gasperi, Adenauer – e da tutti gli altri organismi che credono che l’Europa non sia solo un mercato ma sia cementata dai valori che costituiscono la sua anima. In un momento di crisi dell’ideale europeo, prendere sul serio la petizione «Uno di noi» è dunque un’occasione da non perdere.