Gentile direttore,
le persone in Siria stanno peggio oggi di dieci anni fa, quando è iniziato il conflitto. La sofferenza è straziante nel Nord-Ovest, dove 2,7 milioni di sfollati, la maggior parte donne e bambini, sono rimasti intrappolati lungo il confine con la Turchia in una zona di guerra attiva. In quest’area fuori dal controllo del governo siriano sono arrivate in cerca di sicurezza, sopravvivendo a orribili assedi in luoghi come Aleppo, Ghouta orientale, Homs o Raqqa. Le loro vite dipendono dai camion delle Nazioni Unite che portano aiuti di primo soccorso lungo il confine con la Turchia. La comunità internazionale non è riuscita a fermare la carneficina in Siria, ma è riuscita a tenere in vita molte delle vittime, portando loro cibo essenziale, forniture sanitarie e rifugi.
Um Aiham vive con i suoi cinque figli in uno dei pericolanti campi profughi. «Chiudere il valico significa morte per noi – dice –. Le medicine per il mio diabete con ipertensione e il cibo per i bambini provengono dal confine». Più di mille camion attraversano il confine ogni mese. Quando l’anno scorso un milione di persone sono state sfollate nel Nord-Ovest nel più grande spostamento dall’inizio del conflitto, gli operatori umanitari sono state in grado di fornire loro cibo, medicine, protezione e rifugi. E a maggio, 26mila persone hanno potuto ricevere la loro prima vaccinazione per il Covid-19.
Il Consiglio di Sicurezza approva il sostegno ogni anno. Quando l’ha fatto un anno fa, i suoi membri hanno detto che «la devastante situazione umanitaria in Siria continua a costituire una minaccia alla pace e alla sicurezza nella regione». È bene che si sappia che la necessità di fornire supporto transfrontaliero in Siria è oggi ancora più forte.
Ho lavorato in zone di conflitto negli ultimi tre decenni, in posti come Afghanistan, Bosnia, Eritrea, Etiopia, Iraq, Myanmar, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Cisgiordania e Gaza. Ma il Nord-Ovest della Siria è una delle situazioni umanitarie più disperate che abbia mai visto. La maggior parte degli sfollati vive in ricoveri precari, in avvallamenti che si allagano o su colline rocciose dove non c’è abbastanza acqua. Molti sono rimasti uccisi o feriti quando gli incendi hanno devastato campi troppo affollati. Decine di migliaia di tende sono state spazzate via durante le inondazioni. Fuori dai campi, ci sono un altro milione di persone. Alcuni hanno trovato rifugio in edifici incompiuti, o tra le rovine di città e villaggi bombardati. Altri si rifugiano in scuole e magazzini abbandonati. Traumatizzati da tutto quello che hanno passato, la maggior parte di loro teme di tornare nelle zone controllate dal governo da cui sono fuggiti. Non possono nemmeno attraversare legalmente il confine con la Turchia, che già ospita più rifugiati siriani che il resto del mondo messo assieme. Con l’intensificarsi dei combattimenti, si ritrovano di nuovo intrappolati in una zona di guerra, ma stavolta senza più un posto dove scappare.
Mohamed Altwaish è un coordinatore medico sul campo per un’organizzazione di aiuti locale, la 'Hand in Hand for Aid and Development'. «La miseria è dappertutto – spiega –. Questa settimana, in una clinica ostetrica, una donna incinta doveva essere operata, ma il marito non aveva neppure i soldi per pagare la benzina per andare alla banca del sangue. Il personale ha fatto una colletta ». Il dottor Altwaish teme che, senza l’assistenza dell’Onu, i bambini moriranno di fame e il Covid dilagherà nei campi affollati, portando nuove violenze e più gravi disagi.
«Nonostante l’enorme intervento Onu in Siria e in tutta la regione, servono maggiori risorse umanitarie per raggiungere chi ha più bisogno», ha avvertito António Guterres, segretario generale dell’Onu, spiegando l’importanza di mantenere ed espandere gli interventi. Aumentando i passaggi protetti e i fondi, l’Onu potrebbe fare di più per aiutare un numero sempre crescente di persone bisognose. Con il rinnovo dell’autorizzazione il 10 luglio (per sei mesi più sei) per il punto di attraversamento di Bab al Hawa (escluso invece il valico di Bab al-Salam) il Consiglio di Sicurezza ha garantito che milioni di civili intrappolati in una zona di guerra continuino a ricevere almeno parte degli aiuti di cui hanno disperatamente bisogno. La situazione resta drammatica e c’è solo da sperare che si arrivi presto una soluzione politica del conflitto in Siria.
Vice-coordinatore umanitario regionale delle Nazioni Unite per la crisi siriana