lunedì 25 maggio 2015
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L’Irlanda "cattolica" (il perché delle virgolette lo vedremo tra un po’) ha deciso. E il referendum sulla modifica costituzionale per introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso è passato con un margine ampio e, a commento, con le prevedibili iperboli. A definire il risultato «un messaggio pionieristico» e l’Irlanda, oggi, «un faro, una luce di civiltà e di uguaglianza per il resto del mondo».Ci vorrà tempo per capire il perché di questo risultato. Però qualcosa già si può dire, e proprio a partire da quelle virgolette in cui, all’inizio, è stato messo quell’aggettivo, "cattolica", che da sempre fa binomio con Irlanda. Virgolette che non vogliono dire che da oggi, visto com’è andato il referendum, l’Irlanda lo sia meno o non lo sia più, ma semplicemente per mettere in evidenza quanto sull’esito della consultazione abbia pesato l’ombra di una tradizione secolare che, se ha fatto la storia dell’Irlanda, è uscita fatalmente e discreditata dall’abisso dello scandalo della pedofilia che l’ha travolta, e sul quale Benedetto XVI, con una fermezza incrollabile, pretese fosse fatta piena luce garantendo il massimo della collaborazione con le autorità civili.Dire, adesso, che l’esito del referendum sia una diretta conseguenza di quello scandalo, se forse non basta a spiegare, certamente è una realtà con la quale è indispensabile fare i conti. Perché non c’è il minimo dubbio che, nei toni e negli argomenti su cui s’è giocata in Irlanda la campagna referendaria a favore del "sì", il messaggio subliminale che si trattasse  di un plebiscito sulla Chiesa c’è stato. A cominciare dall’imputare all’«oscurantismo» dettato da una  Chiesa «retrograda» la responsabilità della legge che fino al 1993 considerava l’omosessualità un reato, quando invece si trattava di un retaggio della dominazione britannica.Anche in questo, tuttavia, nessuna sorpresa. L’alterazione della storia è uno dei passaggi indispensabili per affermare la "superiorità" della cultura sulla natura. Per dire, per esempio, che l’orientamento sessuale non ha nulla a che fare con la natura, ma può essere l’esito di una scelta personale di gender. Oppure, più in generale, per dire che a fondare la convivenza è il rispetto dei diritti individuali, quando invece è (o dovrebbe essere) del tutto evidente che se questi non sono preceduti ed equilibrati all’interno di una nozione di bene comune, la società non si tiene. In questa azione di smantellamento la Chiesa cattolica è stata da tempo identificata come il nemico numero uno, quasi che a inventare il matrimonio sia stata la Chiesa cattolica, e non sia invece un istituto sociale vecchio quanto il mondo. Però, in quel percorso di alterazione della storia di cui si diceva, è l’avversario che più fa comodo avere perché dà modo di contrapporre confessionalità a laicità, arrivando anche a capovolgere il fatto che le leggi penali di un tempo contro gli omosessuali avevano tutte una radice protestante e puritana, non certo cattolica. L’esempio più clamoroso di questo capovolgimento l’abbiamo proprio a casa nostra, in Italia, dove non sono mai esistite leggi puntive dell’omosessualità, né si ricordano persecuzioni, ma dove per far passare le rivendicazioni del "pride", è stato prima necessario "importare" un’intolleranza che, fino agli anni Sessanta, era sconosciuta alla nostra cultura.Rivendicazioni, va detto, anche giuste. Ma che messe fuori contesto rispetto a quello che per logica ed evidenza rientra nel concetto naturale di bene comune, diventano artifici culturali che, piuttosto che aggiungere civiltà alla convivenza, la riducono alla somma di egoismi individuali. E i figli diventano un diritto assoluto, anche a costo di alchimie eugenetiche, la famiglia procreativa un orpello inutile (e confessionale) eccetera. Si potrebbe continuare quasi all’infinito. Con un’unica cosa sicura: che l’unico effetto di questo processo è l’implosione di una società che, se non cambia passo, rischia di essere risucchiata nel buco nero generato dalla sua stessa (in)cultura. Se il referendum irlandese potrà servire ad avviare finalmente un confronto su questi temi, al di fuori degli steccati ideologici ma su un vero piano puramente antropologico, come invocava Benedetto XVI e Francesco continua a fare, allora anche quel risultato, da qualunque parte lo si guardi, potrà davvero dirsi storico. L’alternativa è il buio.
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