giovedì 22 novembre appena terminato di leggere pagina 11 del nostro Avvenire riguardo le primarie tormentate nel Pdl e le possibilità di una candidatura Monti appoggiata eventualmente da 'Italia Civica' Udc e Pdl stesso, con il veto categorico di Bersani, mi sono messo al computer. E via internet mi è arrivata la sorpresa di un’intervista del presidente Napolitano da Parigi, presso l’ambasciata italiana, nella quale si sosteneva che Monti, «è senatore a vita e non si può candidare al Parlamento».
Quanto a una 'lista Monti', ancora il capo dello Stato osservava: «Non so che senso avrebbe, perché una lista per Monti è pur sempre una lista che presenta candidati al Parlamento. Bisogna vedere quale sarà il suo peso e poi concorrerà come tutti gli altri alle consultazioni dalle quali uscirà l’incarico per la guida del Governo». Mi chiedo. Perché il presidente del Consiglio Monti dovrebbe essere tenuto in naftalina? Per quale motivo non dovrebbe, se ne sente la necessità e la responsabilità, presentarsi come candidato di una coalizione di centro per guidare un futuro Governo? Perché Napolitano deve assecondare le paure del Pd riguardo una discesa in campo di Monti? Il Pd non si ritiene forse già vincitore della prossima consultazione elettorale?
Credo che il vero problema, insolubile a tutt’oggi per il Pd, sia di ottenere una solida maggioranza per governare. Infatti, chi mai si vorrà alleare con una sinistra egemonizzata da Vendola per far approvare il riconoscimento delle coppie omosessuali (magari con adozione di minori) e una 'patrimoniale' destinata a tramortire assieme al ceto medio anche i cosiddetti 'ricchi'? Ecco perché la candidatura di Monti, ammesso che trovi davvero il sostegno di una compatta coalizione di forze 'al centro', è così avversata dalla sinistra. Mi ha sorpreso comunque l’uscita impropria del presidente Napolitano. Grazie e cordiali saluti
Giovanni Martinetti, Ghemme (No)
Anch’io sono rimasto sorpreso, caro signor Martinetti. E credo che, a parte pochi eletti, tantissimi siano rimasti sorpresi, in Italia e altrove, per questo parere espresso dal presidente Napolitano e per la sua preoccupazione, come recitava ieri il nostro titolo di prima pagina, di «tenere Monti di riserva». Mario Monti, a mio avviso, non è uomo da panchina e questo è un tempo nel quale risorse preziose come quella dell’attuale presidente del Consiglio vanno spese per il bene del Paese. Un bene che non sollecita solo rigore, equità e lungimiranza nell’azione di governo e nell’interpretazione della cosiddetta 'agenda Monti', ma anche uno sforzo straordinario d’impegno, di consapevolezza e – oso dire – di umiltà per ridare equilibrio a un sistema politico che ha perso uno dei suoi perni (quello, come piace dire a me e come vorrei che fosse, moderato-riformista) e che vede ergersi, pur rimpicciolito, solo l’altro (quello che viene definito progressista e che vorrei non fosse condizionato dai radicalismi) in un panorama di macerie.
Un bene che richiederebbe un assetto bipolare da Paese normale, cioè capace di fare scelte condivise e in fasi cruciali (e provvisorie) di tenere la giusta rotta con tenacia convergente. Un bene che dovrebbe far resistere all’illusione disastrosa di un bipolarismo fasullo: con la marea dell’antipolitica a ribollire attorno al pilone unico di un nuovo partito-sistema – guidato dal ticket Bersani-Vendola – puntellato dai suoi satelliti. La mia è un’opinione, certo motivata, che conserva la speranza di uno sbocco positivo di questa fase che si è fatta confusa e tesa. E non saprei dire se questa sia anche la 'visione' di Mario Monti. Allo stato dell’arte, poi, posso solo immaginare che questa sia l’intenzione di una buona parte di quanti lavorano nel cantiere dei «ricostruttori», più o meno nell’area che lei, caro amico, indica «al centro» del quadro politico. Che sia davvero al centro o un po’ più in là, lo scopriremo solo se e quando prenderà compiutamente forma e otterrà massa critica. Penso che conteranno chiarezza e scelte di diversi soggetti, e soprattutto quella di Monti stesso.
Per buonsenso, prima ancora che da osservatore delle cose della politica, credo infatti – e l’ho già scritto – che solo l’attuale premier può e potrà dire del proprio eventuale ulteriore impegno dopo il servizio che ha reso al Paese in questa fase 'tecnica' (non esente da pecche, e le abbiamo sempre sottolineate, ma indispensabile e meritorio). Solo lui può e potrà farlo, e nessun altro. Nemmeno il capo dello Stato. Nemmeno per la più alta – o la più assillante – delle preoccupazioni. Perché la dignità di senatore a vita esclude la possibilità di una candidatura personale al Parlamento, ma non riduce in alcun modo – mettiamola così – la libertà di opinione e di azione politica del cittadino che l’ha ricevuta. Del resto, i precedenti illustri ci sono.