Che tutto sia connesso non lo dice più soltanto papa Francesco ma anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità. È un dato di fatto che lo choc globale della pandemia ha avuto effetti marcatamente differenziati nei diversi territori e classi sociali a seconda di come una serie di variabili di carattere sociale, ambientale ed economico hanno interagito con la diffusione del virus.
È per questo che due dei nuovi slogan coniati dalle organizzazioni internazionali sono quelli di 'one health' (un approccio olistico ed interdisciplinare in materia di salute che mette assieme discipline diverse di carattere medico, sociale ed ambientale per affrontare meglio i suoi impatti sulla popolazione) e di ' sindemia' che viene definita dall’enciclopedia Treccani come «l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili, caratterizzata da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione svantaggiata». Per poter affrontare e risolvere un problema dobbiamo innanzitutto fare una diagnosi corretta e poi proporre i rimedi appropriati. I concetti sopra indicati ci aiutano a fare il primo passo cogliendo correlazioni ed interdipendenze.
Il rapporto Oxfam sulle diseguaglianze appena uscito stima che se negli Stati Uniti la popolazione di colore avesse avuto lo stesso accesso medio alle cure della popolazione bianca si sarebbero risparmiati circa 22.000 morti. Una diseguaglianza di effetti completamente diversa da noi è quella ambientale per cui una regione come la Lombardia ha avuto una mortalità per abitante doppia rispetto a quella nazionale. In sostanza il virus è sempre lo stesso ma la sua capacità di provocare danni è enormemente diversa a seconda dei fattori ambientali, sociali ed economici di contorno. Contano eccome non solo la qualità dei sistemi sanitari e la qualità dell’accesso agli stessi delle diverse fasce della popolazione, ma anche la qualità dell’aria che aggrava le patologie, e persino le condizioni di ricchezza/povertà di senso del vivere che aggravano i fattori psicologici di contorno che possono rendere più o meno efficace la terapia per contrastare la malattia.
È per questi motivi che nell’articolo pubblicato ieri su Lancet parliamo assieme a colleghi di altre discipline (mediche ed economiche) come Alessandro Miani, Antonio Felice Uricchio e Alessandro Distante della necessità di un 'vaccino sociale' per contrastare gli effetti della pandemia e contribuire in futuro a costruire società più resilienti e meno esposte a rischi pandemici. Per muovere verso quest’obiettivo è necessario un insieme di risposte che agiscano contemporaneamente sui diversi fattori che hanno aggravato l’impatto della pandemia. L’aspetto della sostenibilità ambientale è certamente fondamentale e può essere significativamente migliorato nello specifico con alcune politiche ad hoc.
Due esempi. Il primo è quello dell’utilizzo del credito fiscale del 110% vincolato alla sostituzione dei sistemi di riscaldamento che producono polveri inquinanti che abbatterebbe della metà la loro concentrazione che, secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità produce circa 218 morti al giorno nel Paese aumentando l’esposizione e la gravità degli effetti di malattie respiratorie e polmonari. Il secondo riguarda l’introduzione dei sistemi di ventilazione forzata nei luoghi chiusi (scuole ed uffici) che garantiscono ricambio dell’aria e riducono i rischi di diffusione dei virus, sistemi già adottati nelle scuole tedesche.
Quanto all’aspetto sociale non è difficile comprendere che investimenti nell’istruzione e nella sanità con attenzione particolare ai fattori di diseguaglianza di accesso (ad esempio investimenti per garantire i livelli minimi di assistenza) sono cruciali per diminuire diseguaglianze di cura che incidono significativamente anche nel nostro paese dove la sanità pubblica è per tutti. Resta infine il tema dell’attenzione alla generatività e ai fattori che incidono su ricchezza di senso di vita e di lavoro devono diventare sempre più centrali in futuro.
Non ci stanchiamo di ricordare che le persone sono essenzialmente e prima di tutto cercatrici di senso e l’impegno per le pari opportunità, la libertà d’iniziativa e la creazione di condizioni che consentano a tutti di essere riconosciuti e capaci di offrire il proprio contributo deve diventare fondamentale nelle nostre politiche economiche e sociali. Situazioni come quelle dell’epidemia di morti per disperazione studiate negli Stati Uniti dal nobel Angus Deaton non devono accadere nella nostra società. Abbiamo tutte le risorse culturali per evitarlo e per costruire quel 'vaccino sociale' che renderà la nostra società più resiliente rispetto a questa pandemia e ai rischi di quelle future.