Come sarà il terzo tempo-terza stagione della gestione del debito pubblico tra Italia e Unione Europea? Il timore è che si torni in toto alla prima stagione, dimenticando tutto quello che abbiamo appreso nella seconda, ma forse, se guardiamo alla proposta appena uscita che sarà punto di partenza per arrivare al nuovo patto di stabilità, non sarà esattamente così. La prima stagione è stata quella del Patto di Stabilità fino allo choc della pandemia.
Regole ferree in principio (un ventesimo di correzione all’anno della differenza tra il rapporto debito-Pil corrente e il livello obiettivo del 60%, correzione robusta per noi che partivamo da livelli molto elevati di quel rapporto) che poi puntualmente venivano ammorbidite e addolcite dalle correzioni per la dinamica del ciclo fondate su capisaldi empirici non certo granitici per chi ha un po' di esperienza di econometria in macroeconomia (qualcuno ricorda il Nairu?). Di fatto questo creava uno spazio per la trattativa con la Commissione di Bruxelles. È stata in ogni modo la prima stagione una stagione della scarsità, dove il vincolo di bilancio mordeva e la sensazione era sempre quella di avere troppe poche risorse a disposizione per finanziare i beni pubblici.
La seconda stagione è stata una novità e un paradosso che ha sfidato i dogmi rigoristi. Nel periodo economico più difficile dalla fine della Seconda guerra mondiale ci siamo trovati all’improvviso con una quantità ingente di risorse per investimenti, così abbondante che il fattore scarso è diventata la nostra capacità di spendere quei soldi, la qualità dei progetti, la lentezza della nostra macchina amministrativa nel varare decreti attuativi.
Il “miracolo” della seconda stagione è accaduto perché è quando si hanno le spalle al muro che nascono le soluzioni migliori. La pandemia ha spinto l’Unione Europea a superare paralisi e diffidenze sfruttando finalmente le economie di scala di essere una grande area economica. È così che è nato il Next Generation Eu ovvero il Pnrr (un gigantesco Piano Marshall, declinato a seconda delle specificità di ciascun Paese membro) e la decisione di finanziarne il costo con debito comunitario (quindi a condizioni più favorevoli di quelle che avremmo ottenuto da soli sui mercati). Durante questa seconda stagione (ancora in corso), abbiamo sempre guardato con timore al momento in cui il Patto di Stabilità (temporaneamente sospeso) sarebbe dovuto tornare in vigore, anche se con nuove forme, sperando si sarebbe fatto tesoro di quanto appreso in questo periodo così particolare. Il miracolo della seconda stagione è che la Ue ha preso coraggio e usato appieno le sue potenzialità per sviluppare politiche fiscali espansive per finanziare gli investimenti necessari per la transizione ecologica e digitale.
Mobilitando risorse che le consentono di competere con giganti come la Cina e gli Stati Uniti d’America che con il Piano Biden ( Inflation Reduction Act) hanno lanciato un’ingente politica di investimenti pubblici per la transizione ecologica che sono anche un formidabile volano per l’economia locale. E scoprendo che la combinazione di politiche fiscali espansive, quantitative easing della Banca centrale e finanziamento comunitario degli investimenti portava su un sentiero praticabile che aumentava le possibilità di sviluppo sostenibile riducendo e non aumentando il rischio di crisi sui mercati finanziari (come quella accaduta prima del famoso “bazooka” di Draghi).
La proposta che i commissari Gentiloni e Dombrovskis hanno presentato per la terza stagione combina tratti della prima e della seconda, non ignorando del tutto quanto abbiamo imparato. Lo sforzo di rientro c’è ma basta dimostrare di essere su un sentiero di leggera riduzione del rapporto debito- Pil per essere in riga. Ci sono due possibilità, quella di un aggiustamento in quattro o sette anni, dove nel secondo lo sforzo annuale richiesto di riduzione del rapporto deficit-Pil fino al livello del 3% è minore (6 invece di 15 miliardi l’anno), in cambio di un programma di riforme e di investimenti strutturali nella transizione ecologica e digitale (dei nuovi piccoli Pnrr?). L’ombrello di copertura della Bce non sarà (già oggi non è più) il vecchio quantitative easing, ma un nuovo piano d’intervento contro la divaricazione dello spread ( Transmission Protection Instrument) da attivare in caso di necessità. E la ratifica del Mes da parte dell’Italia aggiungerebbe nuovi strumenti di protezione in caso di crisi.
Nel frattempo, l’ondata inflazionistica causata dall’esplosione dei prezzi delle fonti fossili ha cambiato i parametri di base. Come accade nei periodi inflattivi il rapporto debito-Pil si è ridotto, anche significativamente, mentre il rapporto deficit-Pil, questo trimestre attorno al 5,7% risente invece per il nostro Paese dello sforzo della politica fiscale espansiva e un suo rientro era previsto dal governo anche in assenza di vincoli esterni. Quale il migliore dei mondi possibili, tenendo conto di quanto abbiamo imparato nelle passate stagioni, per vivere questa nuova fase? Evitare sicuramente strette fiscali eccessive e accompagnare il percorso di rientro dall’inflazione, consapevoli del fatto che quest’ultima è essenzialmente un’inflazione da offerta.
La soluzione ottimale, partendo dalla base di trattativa descritta, sembra essere quella di avvicinarsi un po’ di più alle caratteristiche della seconda stagione piuttosto che a quelle della prima. Se è vero che le risorse pubbliche sono comunque scarse e vanno usate nel modo migliore affinché diventino moltiplicatori di risorse ed energie della società civile, è anche vero che sanità, istruzione-riqualificazione e politiche redistributive intelligenti (che creino inclusione e non dipendenza) saranno sempre più importanti per una popolazione che invecchia e per un mondo del lavoro dove le rivoluzioni tecnologiche aumenteranno il tasso di distruzione creativa (distruzione e contemporanea creazione) di posti di lavoro. Come tra le persone anche tra gli Stati “uno con uno” fa sempre più di due perché la cooperazione è l’operazione più redditizia. Speriamo dunque che l’approccio cooperativo avviato per necessità dagli Stati membri della Ue per affrontare le difficoltà alla fine prevalga.