Siamo tutti, o quasi, 'gialli': grande senso di libertà, anche se modulato, almeno per chi scrive, dall’ansia per il futuro, certamente ancora non chiaro. In questo mondo, che pensa finalmente di rivivere, non ci sono i vecchi fragili; non sono considerati, perché non starebbero comunque per le strade oltre le 22, perché molti non hanno i soldi per andare al ristorante, perché non tutti hanno le gambe, il cuore e i polmoni per muoversi con sicurezza.
Purtroppo, nonostante l’impegno di molti – anche nel mondo dell’informazione, e 'Avvenire' ha un posto privilegiato tra chi ha sempre avuto attenzione ai vecchi che vivono in mezzo a noi –, non si è pensato ad alcuni aspetti della vita degli anziani, in particolare a quelli che abitano in luoghi disagiati, in case prive di ascensore o che sono ospiti di Residenze. Per loro libertà rischia di essere solo una parola che vedono pronunciata alla televisione, se non proviamo a fare qualche cosa.
Concretamente che cosa è possibile organizzare perché almeno un pezzo della parola 'libertà' possa essere vissuta come speranza per il prossimo futuro? Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il cosiddetto Recovery Plan, quando si occupa della vita dei vecchi purtroppo non prevede di ammodernare le case dove abitano, con un grande piano nazionale per gli ascensori, con risparmi su larga scala, ottenuti semplificando le procedure burocratiche e adottando modelli operativi di semplice realizzazione. Realisticamente, mi permetto di suggerire l’utilizzazione di parte dei finanziamenti richiesti per l’assistenza domiciliare, perché la possibilità per le persone anziane di uscire di casa è una 'medicina' di grande, concreta efficacia per il benessere psicofisico.
Un altro aspetto delicato, rispetto alla libertà, riguarda l’apertura delle Rsa. Chi scrive ha sempre adottato atteggiamenti prudenti, ma ora è tempo di cambiare. Non c’è da essere scriteriati, ovviamente, ma bisogna rispettare il diritto degli ospiti alla vita sociale, e anche le famiglie e le comunità hanno il diritto di poter 'entrare' nelle residenze. La vaccinazione degli ospiti ha portato a una situazione di normalità, pur senza rinunciare a una certa attenzione. Per questo è possibile rompere gli indugi e programmare visite. I tablet hanno svolto una funzione preziosa nei mesi scorsi, così come le 'stanze degli abbracci' e dobbiamo essere molto grati alle amministrazioni e agli operatori delle Rsa che si sono impegnati, in questo ambito, spesso affrontando non semplici difficoltà organizzative ed economiche. Ma è il momento di fare un passo avanti, anche coraggioso. Vi sono possibilità concrete per realizzare l’apertura, che consentirà finalmente la libertà di vicinanze fisiche, senza barriere. La libertà alla quale aspirano gli anziani delle residenze è quella viva di potersi toccare, sedersi accanto, scambiare parole che si possono sentire con le orecchie senza filtri o che si leggono solo sulle labbra dei propri cari. Anche chi è affetto da demenza, e lo sanno bene quelli fra di noi che si occupano di loro, coglie il senso di una vicinanza intensa, che trasmette amore, e ne trae grande vantaggio. In questi mesi abbiamo ripetutamente descritto la sofferenza fisica, che spesso si è riflettuta anche sulla salute del corpo, degli ospiti delle Residenze privati della vicinanza dei loro cari e affidati esclusivamente alle attenzioni di operatori preparati e generosi, ma anche essi avvicinabili solo attraverso pesanti dispositivi di protezione. Ma adesso si avvicina la primavera. Ci auguriamo (ma soprattutto ci impegniamo sul piano civile e organizzativo) perché, oltre che da chi si siede ai tavolini all’aperto dei ristoranti, la stagione tiepida possa essere goduta anche dagli anziani delle Residenze. Perché possano incontrare i loro famigliari in un luogo aperto, in un’atmosfera serena.
Presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria