Ci sono uno studente, una casalinga, un alpino e un cinese all’ingresso di un supermercato... Non è l’inizio di una storiella. È quello che accadrà sabato in occasione della Giornata nazionale della Colletta alimentare: 145mila volontari di ogni età, condizione sociale, etnia e fede religiosa saranno davanti a 13mila supermercati per proporre a tutti un gesto di gratuità: fare la spesa per chi è in difficoltà.
Un gesto elementare e alla portata di tutte le tasche: donare un pacco di riso, una scatola di tonno, una bottiglia di olio. Un gesto che ci ricorda che la povertà morde tante persone – sono 5 milioni, secondo l’Istat, quelli che vivono in questa condizione – e insieme testimonia che è possibile essere uniti, almeno per un giorno, nell’aiutarle.
"Essere uniti": sembra un miraggio in una stagione avvelenata come quella che stiamo attraversando, fatta di contrapposizioni, di delegittimazione dell’avversario, di ostinazione nel far prevalere la propria posizione a tutti i costi. Anche a costo del bene comune. È ancora possibile essere uniti, concepirsi come parte di un popolo, dire 'noi' in una società dove la dittatura dei desideri e la paura dell’altro hanno fatto crescere una concezione riduttiva e atrofizzata dell’io, dove l’imperativo categorico è cavarsela anche se a spese degli altri?
Gesti come la Colletta testimoniano che è possibile. Perché il cuore dell’uomo è fatto così: è fatto per la felicità, e la felicità non può essere affare per pochi, ci riguarda tutti, ci chiama tutti a lavorare per il compimento della nostra e altrui umanità.
Ci sono episodi che lo testimoniano. A Venezia, messa in ginocchio dalla pioggia e dagli allagamenti, la Colletta si farà comunque, e pochi giorni fa il patriarca Francesco Moraglia ha ringraziato i volontari che saranno all’opera, anche in condizioni proibitive: «La vostra presenza rappresenta un segno di sicura speranza, di ripresa e di ripartenza nel segno di una solidarietà umana e carità cristiana concrete e di una vicinanza che, anche nei momenti più bui dei giorni scorsi, non sono mai mancati da parte di tante persone». In molte città parteciperanno alla raccolta gruppi di profughi ospitati nei centri di accoglienza, un modo per sentirsi partecipi della società che li ha accolti e per "restituire" il bene ricevuto.
Nella moschea di via Padova a Milano, a Firenze e a Catania la Colletta è stata proposta ai musulmani riuniti in preghiera come possibilità di partecipare a un gesto di bene che non conosce confini di etnia e di fede. A proposito di etnie, aumenta di anno in anno il numero di cinesi che aderiscono all'iniziativa, smentendo nei fatti uno dei tanti luoghi comuni che li giudica una comunità chiusa, impermeabile e autoreferenziale.
Un altro luogo comune considera i detenuti come una categoria di gente irrecuperabile, un mondo a sé che deve marcire in prigione dopo che abbiamo buttato via le chiavi. Ma proprio da quel mondo arrivano segnali che dicono il contrario. Sabato in dieci penitenziari si farà la Colletta: i detenuti offriranno generi alimentari acquistati nei giorni scorsi, depositandoli nei carrelli portati dai volontari del Banco Alimentare. Quelle mani protese oltre le sbarre per offrire un pacco di riso o una confezione di caffè sono l’evidenza che nessuno di noi è definito dagli errori che ha compiuto, che in tutti abita un desiderio di positività. L’anno scorso un detenuto ha scritto una lettera ai volontari: «La partecipazione alla Colletta è stato un gesto di rigenerazione umana. Dopo avere fatto del male a questa società, volevo testimoniare che anche per me il bene è la strada giusta. Mi sento unito a tutti voi che costruite il bene».
Il fatto che un gesto come la Colletta, che affonda le sue radici nel solco della carità cristiana, sia capace di muovere i cuori di tante persone e di farci sentire parte di un popolo, testimonia quanto il nostro Paese sia ancora intriso di una sensibilità nata duemila anni fa quando Qualcuno disse: ama il tuo prossimo come te stesso. C’è ancora luce in un mondo che sembra attanagliato dal buio. Guardiamola.