Papa Francesco ha voluto che l’anno in corso (dalla Festa dell’Immacolata del 2020 a quella del 2021) sia l’Anno di san Giuseppe, ricordando – nella Lettera apostolica Patris corde – che la sua «grandezza consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù». Il Papa ci mostra i motivi che rendono oggi significativa e quasi emblematica, per noi, la venerazione di questo Santo. Lo indica, così, come «speciale patrono» dei migranti e, ancora, come custode degli ultimi. Ci rendiamo conto di quanto sia attuale tale prospettiva, davanti alla tragedia mondiale della pandemia, che aggrava situazioni di emigrazione o di povertà, già molto dolorose. Per non parlare poi delle conseguenze negative sul piano del lavoro, con la crescita della disoccupazione: da qui un terzo patrocinio, indicato da papa Francesco: quello verso i lavoratori.
Ma qui si intende soprattutto sottolineare una quarta dimensione, non meno importante delle precedenti: il contrasto al maschilismo, nella società, nelle famiglie e anche nella Chiesa. Sappiamo come siano in crescita le violenze sulle donne, nell’ambito familiare (accentuate dalle convivenze in casa più prolungate, imposte dal Covid), e i femminicidi. Pertanto è indubbio che stiamo parlando di un problema sì antico, ma oggi ben vivo e in rafforzamento. Dice il Papa: «Giuseppe accoglie Maria senza mettere condizioni preventive. Si fida delle parole dell’Angelo.
La nobiltà del suo cuore gli fa subordinare alla carità quanto ha imparato per legge; e oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio». In questo Anno, dunque, siamo noi maschi, siamo proprio noi che siamo chiamati a una conversione profonda.
La questione femminile è, per tanti aspetti, una questione maschile: riguarda cioè il dominio culturale, pedagogico e perfino spirituale di un’immagine sbagliata di maschio, alla quale molti di noi sono stati educati e che, proprio noi maschi per primi, dobbiamo contestare e rifiutare. Ci vuole un esame di coscienza 'di genere', dal quale deve nascere una vera obiezione di coscienza. Dobbiamo liberarci, noi maschi, da una tentazione di «possesso» che può insinuarsi nella relazione di coppia, rendendola asimmetrica e squilibrata a nostro vantaggio.
Dobbiamo autenticamente acquisire, come dice il Papa, «un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. [...] L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. [...] La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo se stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù».
Ancora: dobbiamo liberarci noi maschi (ed educare in questo senso i nostri figli maschi) dai falsi miti dell’uomo forte e del sesso forte, della forza come dominio fisico e come violenza, della forza come caratteristica del 'vero maschio'. Tutte vie che portano lontano dal Vangelo e dall’annuncio del Dio della tenerezza o anche solo dalla giusta umanità. Non dobbiamo vergognarci di mostrare una tenerezza che non nasconde e non nega le nostre debolezze: una tenerezza consapevole e responsabile verso le nostre fragilità: «Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi. Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa debolezza, la nostra stessa fragilità».
Ma se dobbiamo rifiutare il maschilismo oscuro, violento e omicida, da padrone, dobbiamo guardarci anche da un maschilismo pallido, falso tenero, in realtà profondamente paternalista, fondato su uno sbagliato sentimento di essere il 'capo'. Il cuore paterno verso i figli, non è un cuore paternalistico verso la moglie. E la relazione di coppia, che si esprime nel reciproco dono, non può essere un sacrificio per la donna (con una trappola ricattatoria psicologica che frena la donna dal denunciare le violenze subite), non può fondarsi sulla «logica del sacrificio». L’ideale della vita di Nazaret (quello che stava a cuore a Charles de Foucauld ma anche a Chiara Lubich), richiamato dal Papa come «nascondimento di Nazaret », al centro non ha mai Giuseppe, ma Maria e il fanciullo Gesù. Dobbiamo augurarci che questo diventi anche l’ideale della Chiesa, con l’eliminazione di ogni maschilismo e clericalismo paternalistico, così che al centro non ci siano mai più il Maschio Adulto e il suo potere (più o meno sacralizzato), ma anche le donne e i fanciulli: affinché la Chiesa, con volto mariano e materno, accompagni tutti a «diventare come bambini».