Nel 61° giorno di guerra, le speranze di pace sono affidate alla missione del segretario generale delle Nazioni Unite, che ha cominciato con l’incontrare il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, da tempo candidatosi come principale mediatore tra Russia e Ucraina e pronto a chiedere ancora una volta il cessate il fuoco al Cremlino. Antonio Guterres nelle prossime ore sarà a colloquio con il presidente russo Vladimir Putin e giovedì, con tutta probabilità, vedrà il presidente ucraino Wolodymyr Zelensky.
Stanno in questi vertici le (poche) chance di futura trattativa tra le due parti belligeranti e di una tregua in tempi brevi. Quello che accade sul terreno va però in direzione opposta. Lanci di missili russi hanno preso di mira cinque stazioni ferroviarie in diverse località ucraine, per rendere più difficili i rifornimenti all’esercito e indebolire la logistica dell’intero Paese. L’offensiva di Mosca nel Donbass non si è fermata nemmeno nella Pasqua ortodossa. E a Mariupol non si è riusciti a fare evacuare altri civili dall’acciaieria Azovstal, malgrado le promesse della vigilia.
Ma anche sul piano politico non si vedono spiragli. La visita a Kiev del segretario di Stato americano Antony Blinken e del capo del Pentagono Loyd Austin è servita a ribadire l’impegno della Casa Bianca a intensificare l’invio di armamenti con l’obiettivo esplicito di indebolire Putin e ridurre così la possibilità che compia altre mosse imperialistiche sullo scacchiere europeo. Ha confermato questa linea la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo intervento al Raisina Dialogue in India: "Vediamo l'aggressione russa come una minaccia diretta alla nostra sicurezza. Faremo in modo che l’attacco non provocato e ingiustificato contro l'Ucraina sia un fallimento strategico. È per questo che stiamo facendo tutto il possibile per aiutare Kiev a lottare per la sua libertà. Ecco perché abbiamo immediatamente imposto sanzioni massicce, dure ed efficaci". E in tema di sanzioni sono state invocate misure dirette americane contro Alina Kabaeva, l’ex ginnasta presunta compagna segreta dello Zar del Cremlino.
Non si colgono quindi elementi che facciano pensare come uno dei due contendenti voglia sedersi al tavolo pronto a fare concessioni. A meno di leggere alcuni episodi come sporadici segnali di un “allargamento” del conflitto, usati più o meno strumentalmente proprio alla vigilia dell’arrivo a Mosca del segretario Onu. In Transnistria, entità resasi indipendente dalla Moldova senza essere riconosciuta, sono state lanciate granate contro un ministero a Tiraspol. L’amministrazione è di fatto filo-russa e il Cremlino nei giorni scorsi non ha fatto mistero di volere estendere l’occupazione nel Sud dell’Ucraina oltre Odessa, proprio fino alla Transnistria.
A grandissima distanza, due depositi di carburante sono andati in fiamme a Bryansk, città russa situata 150 chilometri a nord della frontiera ucraina e 380 chilometri a sud di Mosca. Un serbatoio da 10mila metri cubi è bruciato nei pressi della raffineria di Snezhetsky Val e un altro nel distretto di Fokino, sulla Moskovsky Prospekt, nei pressi di un'installazione militare. Giovedì scorso due incendi avevano investito un centro di ricerca militare a Tver, dove sono morte almeno 17 persone, e una fabbrica di solventi a Kineshma, il più grande impianto chimico russo.
Per stessa ammissione di attenti osservatori ucraini, non sembra che Kiev sia in grado di colpire in questo modo al di fuori dei propri confini. Nello stesso tempo, è difficile ipotizzare che in Russia elementi di opposizione al Cremlino vogliano e siano in grado di compiere azioni violente di questo genere. Si tratta di eventi che vanno decifrati e potrebbero risultare messaggi lanciati da una parte e dall’altra (per quanto riguarda Kiev con l’appoggio occidentale) per sondare le reazioni dell’avversario o per giocare una partita più complessa sul piano internazionale.
L’ipotesi più realistica, tuttavia, è che siano fatti marginali, non destinati a mutare le prospettive di un conflitto lungo e sanguinoso. Ci vorrà pertanto la fantasia diplomatica di Guterres per trovare gli argomenti e i toni giusti al fine di fare riavvicinare i belligeranti e portarli a un negoziato costruttivo. La sua azione esplorativa dovrà poi trovare il sostegno di altri, perché non cada nel vuoto anche questo tentativo di pace.