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La guerra in Ucraina è arrivata al 349° giorno e i combattimenti nel Donbass si fanno ancora più sanguinosi senza che però vi siano vere svolte sul campo. Kiev ha dichiarato che le ultime 24 ore sono state le più letali dall’inizio del conflitto per le truppe russe, mentre Mosca ha continuato a intensificare i suoi attacchi nella zona di Bakhmut, portando sul campo decine di migliaia di soldati appena mobilitati.
Il bilancio delle vittime non è noto e la contabilità delle perdite del nemico, aggiornata costantemente dalle forze armate ucraine, non è ritenuta credibile dalla maggioranza degli osservatori internazionali. L'esercito ha appena aumentato di 1.030 unità il conteggio dei militari russi uccisi, portando la cifra allo spaventoso numero di 133.190. Da parte sua, la Federazione russa ha affermato di aver provocato 6.500 vittime ucraine nel mese di gennaio.
È possibile che il conteggio comprenda morti e feriti, in quel caso si arriverebbe a una stima più realistica, condivisa anche da alcuni analisti. Ma l'affermazione che i combattimenti sono stati i più letali fino a ora corrisponde alle descrizioni fatte da entrambe le parti circa una guerra di trincea a contatto ravvicinato, che lascia i campi di battaglia innevati disseminati di cadaveri, come ha raccontato l’agenzia Reuters. In ogni caso, un sacrificio immane su tutte e due i fronti, che potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi con il lancio di offensiva e controffensiva.
Mentre atterrano dal Canada gli aerei con i primi due esemplari di Leopard 2 (e Berlino dà il via libera a 178 Leopard 1), il grosso dei nuovi arsenali non arriverà prima di settimane o di alcuni mesi. Questo potrebbe rallentare le decisioni del comando ucraino rispetto al lancio del previsto attacco massiccio di primavera. Intanto, crescono i segnali di una ripresa dell’iniziativa di Mosca, pronta forse già a breve a un’azione di grande portata, grazie ai 500mila effettivi reclutati di recente, in aggiunta ai 300mila richiamati in ottobre, per ribaltare l’inerzia del conflitto.
Secondo Kiev e la Nato, nelle ultime settimane la Russia ha riversato truppe e mercenari della Wagner nell'Ucraina orientale, nella speranza di poter rivendicare nuove conquiste in occasione del primo anniversario dell'invasione, il prossimo 24 febbraio. Tuttavia, i progressi sono minimi: le forze del Cremlino non hanno ancora preso saldamente un solo centro abitato importante, nonostante la durezza degli scontri e l’enorme tributo di vite.
La citata Bakhmut, nella provincia orientale di Donetsk, e la cittadina più meridionale di Vuhledar, bastione ucraino su un'altura all'incrocio strategico tra le linee del fronte orientale e meridionale, sono gli snodi attuali del confronto sul campo. Se anche le forze di difesa dovesse alla fine ripiegare, al di là di un successo di immagine per Mosca, non sembra che gli equilibri potranno cambiare in modo significativo.
Intanto, il presidente Zelensky è alle prese con una complessa operazione trasparenza che dovrebbe mostrare all’Unione Europea in particolare che la lotta alla corruzione è fatta in modo incisivo. Le inchieste, le rivelazioni e le rimozioni dell’ultimo periodo hanno lambito fin troppo da vicino anche il ministro della Difesa, Oleksii Reznikov, uomo chiave dell’apparato statale, tanto che la sua sostituzione con il capo dell'intelligence militare, Kyrylo Budanov, è data per imminente. Ma Zelensky per ora ha congelato la situazione, invitando a non diffondere false notizie che destabilizzano il fronte della resistenza all’invasore.
Infine, si è accesa un nuovo contenzioso tra Ue e Russia sulle “misure restrittive imposte alla macchina di propaganda del Cremlino e per impedire che essa operi all'interno dell'Unione Europea”, come ha detto l'Alto Rappresentante della Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “In questo modo non stiamo attaccando la libertà di espressione, stiamo solo proteggendo la libertà di espressione”, ha spiegato, mentre la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova ha accostato le sanzioni a “quanto fatto dal Terzo Reich, quando vennero vietati i libri di 300 autori". Anche i nazisti giustificarono le proibizioni con le esigenze di protezione, ha aggiunto, "tutto cominciò con le proibizioni, con gli incendi dei libri, e finì con gli incendi dei corpi".
Ma secondo Borrell, ci sono “prove che dimostrano come Mosca sia dietro a tentativi coordinati di manipolazione dei dibattiti pubblici nell'Unione europea: lo dico anche se sono sicuro che i servizi russi mi colpiranno e criticheranno immediatamente quello che sto dicendo. Abbiamo raccolto oltre 15mila casi e vi sono prove concrete che abbiamo sempre pubblicato per denunciare e accrescere consapevolezza", ha concluso. La guerra si combatte anche così.