La guerra in Ucraina è giunta al giorno 278, con alcuni spiragli di dialogo, rilanciati dalla ribadita disponibilità della Santa Sede a promuovere e ospitare un tavolo di negoziato. Ma nelle ultime ore si sono accavallate dichiarazioni di diverso tono e contenuto, che non permettono di intravedere una vera apertura alla trattativa dalle due parti in conflitto. Intanto, continuano i colpi russi su Kherson e sporadici lanci sul resto del Paese, in sofferenza per i danni alle infrastrutture, tanto che il sindaco di Kiev non ha escluso la parziale evacuazione della città.
Mentre ancora il 20% della produzione di elettricità è ferma e milioni di persone sono vittime di blackout elettrici e mancanza di acqua e riscaldamento, si temono nuove ondate di raid missilistici, come ha detto in un vertice della Difesa il presidente Volomydyr Zelensky. Una previsione ribadita anche dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, riunito a Bucarest con i ministri degli Esteri dell’Alleanza. "Vladimir Putin vuole usare l'inverno come arma e dobbiamo prepararci a nuovi attacchi, ecco perché abbiamo dato all'Ucraina sistemi di difesa aerea addizionali”.
La giornata era cominciata con le dichiarazioni del portavoce della presidenza russa, Dmitrij Peskov, il quale aveva salutato positivamente “le iniziative di mediazione da parte di Stati terzi, a partire da quella della Santa Sede”. Queste proposte – aveva però affermato – “si scontrano con una posizione ostile del governo dell'Ucraina”. In realtà, da Kiev non sono arrivate prese di posizione ufficiali. A riferire di una volontà vaticana di favorire un negoziato era stato nel fine settimana il segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher. "Se fosse opportuno e necessario offrire gli spazi della Santa Sede, come abbiamo fatto anche in passato, credo che il Santo padre accoglierebbe molto positivamente questa idea".
Successivamente, è stato diffuso il testo di un’intervista concessa dal Papa alla rivista “America”, dei gesuiti statunitensi, probabilmente realizzata nei giorni scorsi. "La posizione della Santa Sede è cercare la pace e cercare una comprensione. La diplomazia della Santa Sede si sta muovendo in questa direzione e, ovviamente, è sempre disposta a mediare". Dopo questa premessa Francesco è entrato anche nel merito della crisi. "Non ho mai dato l'impressione di coprire l'aggressione. Ho ricevuto qui in questa sala, tre o quattro volte, una delegazione del governo ucraino. E lavoriamo insieme", ha continuato il Pontefice. "Perché non nomino Putin? Perché non è necessario; è già noto. Tuttavia, a volte le persone si attaccano a un dettaglio. Tutti conoscono la mia posizione, con Putin o senza Putin, senza nominarlo. È risaputo chi sto condannando. Non è necessario che metta nome e cognome".
"Quando parlo dell'Ucraina, parlo di un popolo martoriato. Se hai un popolo martoriato, hai qualcuno che lo martirizza – ha proseguito il Papa -. Quando parlo dell'Ucraina, parlo della crudeltà perché ho molte informazioni sulla crudeltà delle truppe che entrano. In genere, i più crudeli sono forse quelli che sono della Russia ma non sono della tradizione russa, come i Ceceni, i Buriati e così via. Certamente, chi invade è lo Stato russo. Questo è molto chiaro”, ha concluso Francesco.
A stretto giro è arrivata una risposta di Mosca, molto dura nei toni e nei contenuti, che sembra smentire le precedenti parole di Peskov. "Non si tratta neppure più di russofobia, ma di perversione della verità di non so neppure quale livello", ha detto la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ben nota per incarnare il volto aggressivo del Cremlino, riferendosi alle crudeltà commesse dagli invasori e alla distinzione fra i gruppi responsabili di esse sottolineate dal Papa.
Francesco, sempre nella stessa intervista, ha ricordato che “proprio in questi giorni ricorre l'anniversario dell'Holodomor, il genocidio che Stalin commise contro gli ucraini (nel 1932-33). Credo sia opportuno citarlo come antecedente storico del conflitto”. Su questa linea si è espresso il procuratore generale ucraino Andriy Kostin che, in un colloquio con la Bbc, ha ipotizzato che gli attacchi sistematici contro obiettivi civili da parte di Mosca, soprattutto i più recenti mirati a lasciare tutta la popolazione al buio e al gelo, possano configurare un vero genocidio per come è definito dalla Convenzione ONU, ovvero quelle azioni commesse con "l'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso".
Più scettici gli Stati Uniti che, per bocca dell'ambasciatrice americana alla Nato, Julianne Smith, hanno affermato come "al momento non sia necessario, e anzi potrebbe essere controproducente", inserire la Russia nell'elenco dei Paesi sponsor del terrorismo. Un tale passo "potrebbe inibire od ostacolare la possibilità di portare assistenza umanitaria in Ucraina e grano fuori dall'Ucraina".
La giornata sul campo, che si era aperta con la visita a Kiev dei ministri degli Esteri di Estonia, Finlandia, Islanda, Lettonia, Lituania, Norvegia e Svezia per mostrare sostegno all'Ucraina, si è chiusa con la notizia dell’arresto di due sacerdoti cattolici nel Donbass. La fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre ha riferito che padre Ivan Levitskyi, parroco della chiesa della Natività della Vergine Maria nella città di Berdyansk, e padre Bohdan Heleta, cappellano della stessa chiesa, sarebbero stati incarcerati in un centro di custodia dall'amministrazione russa con l'accusa di aver preparato un atto terroristico.
Il comunicato inviato dall'Esarcato greco-cattolico di Donetsk ad Aiuto alla Chiesa che Soffre denuncia che l'accusa di possesso di armi ed esplosivi da parte dei sacerdoti "è falsa" ed aggiunge che si è trattato di "una manovra organizzata per fini propagandistici". "I sacerdoti sono nel ministero sacerdotale da più di tre anni e svolgono legittimamente la loro attività pastorale nella parrocchia locale, annunciando un messaggio di pace per tutti", ha spiegato monsignor Stepan Meniok, vescovo dell'Esarcato di Donetsk, della Chiesa greco-cattolica ucraina.
Un’ulteriore conferma che la situazione sul terreno rimane estremamente grave e i che tentativi di mediazione si scontrano con l’ostinata determinazione degli invasori e il desiderio di riconquista da parte dell’Ucraina aggredita e ferita.