mercoledì 23 marzo 2022
A un mese dall'invasione sul campo prevale l'incertezza, in un crescendo di vittime e violazioni delle regole umanitarie da parte russa. Segnali di forte difficoltà di Mosca. E il Cremlino reagisce
28 giorni di guerra, cosa è successo / La ripresa ucraina e i colpi di Putin
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Un mese di guerra porta bilanci tragici di vittime e di distruzione, ma non dà un esito univoco sul terreno. Nel 28° giorno di combattimenti la Russia viene accusata di avere utilizzato bombe al fosforo in due sobborghi di Kiev, Hostomel e Irpin. Questi ordigni sono vietati dalla Convenzione di Ginevra cui aderito anche Mosca. Un segno di debolezza, forse, nel momento in cui le armi convenzionali non sembrano essere risolutive per l’avanzata. Le cifre sulle perdite delle forze d'invasione sono le più diverse. Fonti del "Wall Street Journal" hanno stimato in 40mila i soldati non più operativi dell'Armata, tra morti, feriti e prigionieri. Si tratterebbe di una cifra superiore al 20% delle truppe impegnate, quasi una sentenza di sconfitta. Per questo, si deve mantenere molta cautela sul bilancio reale degli scontri.

Per certo, molti analisti mettono in fila le criticità con cui sta facendo i conti il Cremlino. Secondo il noto analista Anders Åslund, autore del libro "Russia's Crony Capitalism", non c'è nessun comandante militare all'infuori di Putin, dato che il ministro della Difesa Shoigu e il generale Gerasimov, teorico della guerra asimmetrica, sono scomparsi dalla scena pubblica e nessuno dei generali russi sopravvissuti in Ucraina (sei sarebbero caduti al fronte) sembra comandare gli altri. La corruzione e l'avidità degli oligarchi amici del presidente avrebbe eroso la proverbiale forza militare russa. "Sergei Chemezov di Rostec ha fatto la cresta sugli appalti di armi. Yevgeny Prigozhin fornisce cibo scadente (e scaduto). E qualcuno compra pneumatici cinesi a buon mercato piuttosto che pneumatici di alta qualità", scrive Åslund, feroce critico della Russia putiniana.

Ma non sta tra le supposizioni la defezione dell'inviato speciale per il clima Anatoly Chubais, che si è dimesso e ha lasciato il Paese, con tutta probabilità in dissenso sull'operazione militare scatenata in Ucraina. Chubais già viepremier con Eltsin e artefice delle privatizzazioni (l'unico di quella stagione rimasto in buoni rapporti con lo Zar) è il funzionario di più alto grado a rompere con il Cremlino a causa dell'invasione. E non è un'opinione che l'esercito di Kiev stia recuperando alcune posizioni, compresa l'importante nodo di Irpin, vicino a Kiev, favorito dalle condizioni climatiche che cominciano a fermare i tank russi. Il temuto fango delle pianure si sta rivelando un nemico difficile da sconfiggere, com'era nelle previsioni. Ma, paradossalmente, è ancora il freddo a fermare invece i soldati, dato che si registrano molti casi di congelamento, dovuto almeno in parte al cattivo equipaggiamento.

Mentre la Nato aumenta il suo dispositivo militare alla frontiera ucraina e persino la Svezia (non membro Nato) invia una cospicua fornitura di armamenti a Kiev, Putin personalmente risponde con una mossa economica che può danneggiare il fronte occidentale nel breve periodo e dare un po' di fiato al rublo. L'obbligo di pagare le forniture energetiche in valuta russa spiazza l'Europa e fa schizzare in alto il prezzo del gas. La mossa è abile e segnala la volontà di non farsi chiudere nell'angolo. Tuttavia, nel medio periodo la decisione del Cremlino può spingere con ancora maggiore convinzione la Ue a cercare approvvigionamenti alternativi e quindi a privare Mosca del principale sostegno alla propria economia.

Nel silenzio totale del fronte diplomatico, si accentua il ruolo del confronto militare tra Russia e Ucraina e della sfida economico-finanziaria tra Russia e Occidente. Gli Stati Uniti premono per ulteriori sanzioni e i vertici europeo e Nato, con la presenza fisica di Joe Biden, sono chiamati a nelle prossime ore a dare indicazioni precise di una strategia per la gestione della crisi. Quello che sta emergendo come novità è forse proprio questo. Non si sta mettendo a punto un piano chiaro per "chiudere" la crisi, ma una tattica flessibile per adattarsi alla tattica scelta di momento in momento dall'avversario. Nella convinzione che Putin si stia indebolendo sia sul terreno sia politicamente, e che l'Ucraina possa resistere ancora. Un calcolo forse cinico, che potrebbe allungare la guerra invece di spingere a una trattativa concreta. Soltanto un ulteriore tracollo militare dell'Armata russa ora sembra potere accelerare il negoziato e portare a una vera tregua.



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