Tre pensieri per chi dice non so se andrò a votare
sabato 24 settembre 2022

«Non so se andrò a votare! »: ancora a poche ore dalle elezioni di domani, domenica 25 settembre, molte persone stanno facendo questa considerazione. Una riflessione amara che nella maggior parte dei casi interessa ai politici nella misura in cui serve per attuare delle strategie, per spingere, il più delle volte, al cosiddetto 'voto utile'.

Ma ci sarebbe da chiedersi utile per chi e per cosa? Quanto stiamo vivendo è segno che la politica si è allontanata ormai dalla gente dai suoi sogni, dai suoi desideri, dai suoi bisogni non solo immediati, ma di lungo respiro. L’esperienza della democrazia attraverso le piattaforme online sembra, in parte, archiviata o almeno non più considerata la soluzione. Quello dei social per raggiungere alcune fasce di elettori è un tentativo di utilizzare uno mezzo nuovo, ma di cui spesso non si è in grado di cogliere linguaggi e potenzialità.

Da quando si è cominciata a delineare la data delle prossime elezioni, dalla fine di luglio ai primi di settembre, i morti e i dispersi accertati in mare sono stati 192 e gli arrivi in Italia via mare sono stati circa 20mila. In queste ore decine e decine di persone, almeno 71, tra loro anche bambini, sono morte di fronte alle coste siriane nel naufragio di un imbarcazione di profughi. Si tratta di persone che hanno maturato la decisione sofferta, di lasciare il proprio Paese, fuggendo spesso da contesti non democratici, e quasi sempre da un presente iniquo e da un domani ipotecato dagli interessi di Paesi ricchi che stanno depredando le loro materie prime. Sono persone che hanno sognato un futuro diverso, più libero, più giusto, più umano.

Alcuni di loro hanno visto naufragare questo sogno, affondato nel mar Mediterraneo, lungo la rotta, tra le più pericolose al mondo che porta all’Europa, nonostante tutto nell’immaginario di molti ancora terra di diritti. Per chi arriva vivo il nostro è un unico continente unito. Dall’altra parte del mare spesso non si distinguono tutti quei particolarismi e confini che non sono volti a salvaguardare le peculiarità di ciascun popolo ma piuttosto a salvaguardare interessi e privilegi di pochi.

Chi arriva non sa di populismi e nazionalismi, di chiusure e sbarramenti. Non immagina che 12 dei 27 Paesi Ue aspirerebbero a essere circondati da un muro impenetrabile. Ignorano che spesso sono proprio loro a essere usati come strumento di propaganda elettorale, capro espiatorio di problemi nati altrove e mai risolti. In questi giorni si susseguono analisi per tratteggiare il profilo degli indecisi alle prossime elezioni per cercare di richiamarli alla responsabilità del proprio voto.

Se ci trovassimo in questa categoria credo dovremmo tenere in conto almeno tre aspetti:

1) dovremmo per un istante pensare a chi si mette in viaggio e perde la vita perché nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana non è attuabile

2) dovremmo chiedere a chi ci richiama alla responsabilità del voto una consequenziale responsabilità nel gestire la cosa pubblica con spirito di servizio e mettendo al centro – come hanno sollecitato con saggia chiarezza anche i vescovi italiani – i più fragili. Negli anni abbiamo tristemente assistito a un vergognoso carosello di poltrone e ad accuse reciproche invece che all’assunzione seria di una responsabilità di governo;

3) dovremmo fare un esame di coscienza e chiederci: il voto nella precedente legislatura ha comportato per ciascuno di noi un impegno e un esercizio effettivo delle nostre libertà democratiche oppure ci siamo limitati a un’inutile e sterile critica senza un nostro impegno fattivo? A questo punto allora la considerazione «non so se andrò a votare » può essere che abbia assunto dei risvolti insperati.

Sacerdote, presidente del Centro Astalli servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia

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