È una strage continua, quotidiana, miete vittime di tutte le età, in qualsiasi angolo d’Italia. Le morti per incidente automobilistico sono una delle sciagure del nostro tempo, non c’è individuo che non contempli la scomparsa di un suo caro, parente o amico che sia, proprio per questo motivo.
La domenica è il giorno in cui, di solito, il conto è più drammatico e insostenibile: spesso a essere coinvolti sono giovani, o giovanissimi, che trovano in mezzo a una strada la fine della loro vita. Ma circoscrivere il dramma delle morti per incidente stradale ai giovani, ai loro stili di vita, quindi allo sballo o alla sottovalutazione dei rischi, è quantomeno parziale, manca di una visione d’insieme. La realtà che riguarda le strade e la circolazione di mezzi è molto più complessa, gli incidenti accadono per mille e mille motivi non certo riducibili solo a una categoria di individui, o di orari.
L’incidente, in un certo senso, fa parte del viaggio, ne è una componente imprevedibile e non certo desiderata. Ma chi viaggia corre questo rischio, sempre e comunque, a partire da chi fa del trasporto il proprio lavoro. A questa constatazione ne segue un’altra, assolutamente evidente eppure taciuta, mai affrontate veramente per come si dovrebbe. La realtà dice questo, anche se nessuno lo dichiara con semplicità: mettersi alla guida di un mezzo è pericoloso. E oggi, malgrado i tanti sistemi di sicurezza, molto più di ieri. Sembra una banalità assoluta, eppure, se ci fermiamo a pensare, ci renderemo conto che nessuno giudica veramente la guida e le strade quali fonti di pericolo per la propria e altrui vita.
A partire dal nostro immaginario, alimentato dalla comunicazione oramai cinquantennale riguardo la vendita di automobili, quando pensiamo alla strada ci vengono alla mente situazioni di grande leggerezza, non certo collegate al reale pericolo che si corre e alla massima allerta da prestare. Siamo portati a vedere e concepire la guida come atto di libertà e divertimento, la associamo spesso alla trasgressione, alla nostra vera identità.
Altra cosa rispetto alla drammatica realtà dei fatti. Ma è la concezione stessa della guida e della strada a essere enormemente fuorviata. Spesso si parla della Formula 1 e dei rischi che corrono i piloti. Ma, a vedere con attenzione, sono molti di più quelli che si vivono su una statale tutte le mattine. Un pilota di Formula 1 è un professionista, gode di sistemi di protezione da milioni di euro, è allenato, non ultimo, si trova su un circuito in cui tutti procedono nella stessa direzione. Siamo ancora sicuri che corrano più rischi di tutti i pendolari che si mettono in strada la mattina? Oggi, come si diceva, grazie all’esplosione della tecnologia abbiamo molti più sistemi di sicurezza, ma questo non ha intaccato l’enormità del conto delle vittime.
Ciò, in sostanza, è dato da un’altra esplosione, che ha corso parallelamente accanto alla tecnologica. Ed è quella commerciale. Oggi abbiamo lungo le nostre strade una varietà di veicoli, a due e quattro ruote, inimmaginabile sino a qualche anno fa. Pensiamo solamente alla quantità di scooter dalle varie cilindrate che oggi sono sul mercato. Nel corso degli ultimi vent’anni, abbiamo assistito alla progressiva presa di posizione, e dei comunicatori e dei legislatori, riguardo il tempo del fumo. Sino a qualche decennio fa, la sigaretta era motivo di fascinazione, fumava chi era alla moda, al passo con i tempi. Ciò che occorre rispetto al tema della guida e delle strade è un mutamento di questo genere. Non terrorismo psicologico, ma la possibilità di offrire alle persone una condotta più consapevole e aderente alla realtà. Solo per togliere vite all’infame conta delle vittime di ogni giorno.