Caro direttore,
la grande pubblicità che ha avuto lo spettacolo 'Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro' (Alex, il bambino che nei giorni pari si sente maschio e nei giorni dispari femmina), lascia molto perplessi. I lettori di 'Avvenire' sanno di che cosa si tratta perché questo giornale ne ha parlato per primo, tra i quotidiani italiani, e a più riprese. Lo spettacolo è rivolto particolarmente ai bambini delle scuole e proposto da alcune di queste stesse scuole. Le fiabe attirano sempre. Quando poi si tratta di messaggi che hanno ricadute sul piano educativo possono assumere maggiore interesse. Nel caso specifico l’obiettivo sarebbe quello di educare al rispetto delle diversità che si possono incontrare, anche la diversità da ciò che può apparire circa l’appartenenza a un sesso o all’altro o … a nessuno in particolare. Debbo confessare che la cosa è molto preoccupante e non può essere banalizzata in uno spettacolo più o meno divertente.
Il messaggio che si vuol far passare è che le diversità biologiche in natura non hanno rilevanza nella vita della persona. Secondo una ideologia che si vuole diffondere, le differenze fra i sessi le creiamo noi in base a stereotipi sociali. Viene sostenuta la fluidità dell’identità sessuale… la possibilità di scegliere che cosa si vuole essere… Ma questa è una menzogna! La sessualità fa parte della persona. Il rispetto delle diversità non può portare a negare la realtà, ma a cercarne un senso. Aggiungerei che si potrebbe riconoscere in queste posizioni un abuso dell’infanzia nel proporre modelli disorientanti, che possono portare turbamento sul piano psicologico. La fuga nell’immaginario attraverso il genere della fiaba, per qualche aspetto piacevole, non può portare a travisare la realtà insegnando che ognuno sceglie ciò che vuole essere dal punto di vista sessuale. Il rispetto del diverso non richiede un travisamento della realtà e neppure la proposta di problemi e di scelte quando il bambino non ne è capace. Insisto: vedo in tutto ciò una menzogna e la possibilità di un abuso dell’infanzia. E che proprio nella scuola ci sia chi se ne fa promotore mi sembra il colmo, un tradimento della sua missione educativa di cui ogni genitore dovrebbe rendersi conto.
*Sacerdote, antropologo e paleontologo, professore emerito dell’Università di Bologna