Funzionano? Sono efficienti e apprezzate? Eliminiamole. Lo ha deciso il Governo Conte azzerando #Italiasicura e #scuolasicura, le due strutture di missione che nella scorsa legislatura istituite presso la Presidenza del Consiglio dagli esecutivi a guida Pd. La prima si occupava degli interventi contro il dissesto idrogeologico, la seconda della messa in sicurezza delle scuole. Interventi preziosi, di prevenzione, soldi ben spesi.
Lo scriviamo da anni: la vera e fondamentale grande opera è la “messa in sicurezza del Paese”. Salva vite umane, tutela ambiente e patrimonio edilizio pubblico, fa risparmiare tanti soldi, produce lavoro e ricchezza, apre cantieri e impegna lavoratori. Se ne parla a ogni alluvione e a ogni crollo di scuola, quando si devono contare morti, disastri e spese per il risanamento, che sono sempre molto maggiori di quelle necessarie per la prevenzione. Se ne parla. Ma poco o nulla si è fatto per decenni malgrado si sapesse benissimo cosa andasse fatto. Per non far esondare, ad esempio, i torrenti di Genova o le fiumare calabresi. O per evitare lo stillicidio di crolli nelle nostre scuole. Troppo burocrazia, troppi intrecci e sovrapposizioni (o rivendicazioni) di competenze, troppi interessi nascosti. Le emergenze oltre a costare di più permettono deroghe e scorciatoie che favoriscono corruzione e malaffare. Così ogni ricostruzione si porta dietro scandali. Ma lo scandalo maggiore è stato per tanto tempo quello dei fondi non utilizzati. Non è vero che i soldi non ci fossero. C’erano, non sufficienti, ma c’erano. Però finivano parcheggiati per incapacità, mancanza di informazione o peggio. Proprio per questo sono state inventate le due strutture di missione, agili, tecniche, efficienti. Riuscendo a coinvolgere e coordinare cinque Ministeri, Regioni, Enti di ricerca. Lo dicono i fatti, in primo luogo. Per il dissesto idrogeologico sono stati aperti 1.334 cantieri per 9 miliardi di euro. Altri 9,6 miliardi erano previsti fino al 2023. Per la sicurezza delle scuole sono stati stanziati 10 miliardi, per 12mila cantieri, 300 edifici scolastici nuovi, 2.100 interventi di monitoraggio il 15 Regioni. Il tutto con la massima trasparenza, con lavori consultabili facilmente sul sito dove enti, famiglie e cittadini potevano informarsi sull’andamento dei cantieri. Ora fermo. Alle strutture arrivavano 200-300 telefonate al giorno. Ora non risponde nessuno.
Fatti, dunque. Apprezzati sino a pochi mesi fa soprattutto da Regioni e Comuni, primi interlocutori delle due strutture.
Quando era nell’aria la soppressione di #Italiasicura, col trasferimento delle competenze (ma non delle persone) al Ministero dell’Ambiente, due presidenti di Regione, Fontana (Lega) della Lombardia e Bonaccini (Pd) dell’Emilia Romagna hanno scritto a Palazzo Chigi per chiedere che invece fosse confermata. Mentre da tanti Comuni sono arrivate telefonate preoccupate a #scuolasicura per capire cosa succederà ora dei progetti in corso e di quelli programmati e finanziati. E tutti, Regioni e Comuni, non capiscono le motivazioni di queste soppressioni, ritenute passi indietro. Infatti le due strutture, pur operando il necessario e fondamentale coordinamento, avevano valorizzato il ruolo delle amministrazioni locali, responsabilizzando e non commissariando. E per questo sono state apprezzate a prescindere dal colore politico. Insomma non si vede né una logica né una strategia. E allora diventa proprio inspiegabile la scelta del governo giallo-verde, che è stata fatta dalla sera alla mattina, senza consultare nessuno, senza passaggio di consegne. Perché non portare ai Ministeri le due strutture già sperimentate con successo? Se funzionavano perché non valorizzarle? Ora bisognerà ricominciare da zero, o poco più. E magari solo per piantare una “bandierina”. Ma la sicurezza delle scuole e dei territori non può e non deve avere un colore politico.