Caro direttore,
desidero scriverle per esprimere la mia indignazione relativamente a come oggi (domenica scorsa 5 gennaio, ndr), quasi tutta la stampa (a eccezione di "Avvenire") abbia travisato – volutamente!? – il lungo articolo apparso su "Civiltà Cattolica" circa l’incontro del Santo Padre con i superiori generali delle famiglie religiose. A tal proposito vorrei sottolineare i seguenti fatti: 1) l’articolo, di 15 pagine, ha come messaggio centrale l’invito del Pontefice ai religiosi a «svegliare il mondo» e, conseguentemente, tratta in maniera diffusa come deve svilupparsi la formazione dei religiosi stessi tenendo conto delle necessità della società moderna; 2) al tema di come rapportarsi ai giovani che vivono in famiglie separate sono dedicate le ultime 11 righe, a conclusione di tutta la conversazione; 3) Papa Francesco non fa alcuna «apertura alle coppie gay» (come riportato nel titolo di alcuni giornali) e non usa nemmeno mai questo termine che viene desunto da una frase relativa al ricordo di una bambina che confidava una difficoltà di relazione «con la fidanzata della mamma». Il Papa non ha espresso alcun commento nel merito circa la giustificazione o meno di quel tipo di unione, ma ha solo voluto riportare un esempio della maggiore complessità che si presenta agli evangelizzatori moderni. Capisco che nel dibattito italiano l’argomento delle unioni extramatrimoniali sia al centro dell’attenzione, ma stravolgere in tal modo un intervento di tutt’altro respiro e focus mi sembra veramente troppo! A giudicare dai commenti di vari blog, moltissime persone hanno però recepito acriticamente quanto proposto con singolare e deformante concordia da praticamente tutta la stampa nazionale.
Massimo Campello, Roma
Domenica scorsa, proprio mentre mi scriveva, caro signor Campello, è arrivata una netta replica del direttore della Sala Stampa vaticana alle «forzature» mediatiche lamentate sia da lei sia, in diversi modi, da altri nostri lettori. Forzature davvero sconcertanti, ma purtroppo non del tutto sorprendenti tant’è che noi – che eravamo stati colpiti dalla distorcente lettura delle parole del Papa fornita sin da sabato da circuiti di agenzia e radiotelevisivi – ne scrivevamo già nell’editoriale di prima pagina di domenica mattina, là dove Francesco Ognibene richiamava le «operazioni strumentali» compiute sul bel testo pubblicato da “Civiltà Cattolica”. Lo ammetto: stento a capire perché colleghi di provata professionalità rinuncino a quell’essenziale rispetto per i protagonisti di un fatto di cronaca – in questo caso addirittura il Papa – e per i lettori, che richiederebbe una profonda aderenza a ciò che è realmente accaduto ed è stato effettivamente detto. O meglio capisco l’intento “politico” o anche solo, diciamo così, “titolistico” di certe operazioni, ma non riesco ad accettarlo. Lei, caro amico, invece ricostruisce bene. E dà una piccola lezione a qualche precipitoso o malizioso addetto ai lavori: qualunque discorso (o articolo e titolo di giornale) serio e utile comincia da un vero ascolto.
Detto questo, penso che le parole – non casuali e niente affatto trascurabili (nessuna mai lo è) – dette dal Papa alla fine dello scorso novembre a suggello del suo incontro con i responsabili dei religiosi tornino a proporre un incalzante “dovere del Vangelo”. Che nessuna persona e nessun luogo fisico o esistenziale esclude.