La società dei social è una società degli equivoci. Bisogna riconoscere ai suoi creatori un grande talento: la capacità di intercettare perfettamente tutte le mediocrità del genere umano e trasformarle in business, facendo della vittima-utente il carnefice di se stesso. Il fatto successo a Parigi, l’incendio di Notre-Dame, è certamente di grande rilievo storico e umano. Forse anche sociale. Certamente di grande impatto per i flussi del turismo che un capolavoro assoluto come la cattedrale di Notre-Dame è in grado di muovere. Abbiamo assistito, come ormai è consuetudine per eventi più o meno importanti, a una esplosione di "contenuti", esposti su ogni media possibile, copiati, rabberciati, conditi di una creatività enfatica e ampollosa quanto superficiale da lasciare sgomenti e portare immediatamente alla noia se non al rifiuto.
Notre-Dame è diventata istantaneamente, per troppi, vessillo di una vasta asserzione dell’io, per lo più banale, noiosa e retorica, condannata in gran parte all’insignifcanza, da parte di chiunque. La cattedrale di Parigi è patrimonio di tutti, ma è stata trasformata in uno strumento per mettersi in mostra, quasi sempre con risultati pietosi, in modi che dichiarano il sostanziale disinteresse verso l’evento se non per l’allure che ingenuamente pensa di ricavarne chi ne parla. Non è un dibattito, non è solidarietà, non è un reale scambio di pensiero. È semplicemente una ulteriore affermazione d’isolamento nella pochezza individualista che i social certamente facilitano, ma che in sostanza, dipende da ciascun singolo, responsabile della strumentalità costante di ciò che fa.
Qualche considerazione. Intanto è un miracolo (laico o religioso poco importa) che non vi siano state vittime. In questo Notre-Dame è stata generosa. Quindi, al di là delle cause che spetterà agli inquirenti indagare, Notre-Dame non è morta in alcun modo. La lettura tragica e da piagnisteo globale non dà conto della forza del simbolo. Il simbolo attraversa la storia e come la storia vive tragedia, rovina e resurrezione, sconta la forza distruttiva del quotidiano e testimonia la tenacia e la vitalità della rigenerazione. Per Notre-Dame non è finito nulla.
In questo nuovo capitolo della sua esistenza ha la opportunità di dimostrare che la forza del simbolo non è unicamente nella compostezza o nel suo restauro, ma nel portare l’energia della vita in tutta la durezza dei fatti, permettendo a tutti noi di sperare, di poggiare il pensiero sulla natura della cattedrale che fuoco, terremoti o guerre non potranno mai scalfire. Perchè lì, prima delle pietre, è stato piantato un seme che rigenera continuamente, e che forse sarebbe meno rilevante se non attraversato dalle inevitabili calamità che interessano l’umanità. Come l’umanità Notre-Dame è sofferente. Ma in quella sofferenza continua a segnare il punto di una certezza: nulla di tutto questo andrà mai perso.
L’ eccesso del pianto e della commiserazione, a fronte dell’assenza di vittime, dimostra la poca comprensione profonda della natura di un simbolo come la cattedrale di Notre-Dame e come tanti altri. Un simbolo autentico è carne come noi siamo carne. Ma è anche oltre la carne come noi siamo oltre la carne. La sua potenza si perpetua seguendo la dinamicità dell’esistenza, mutando senza mutare. Se, come anche strumentalmente evidenziano in molti, parte di un islam che non voglio credere autentico esulta per il danno subìto da un simbolo cristiano, questo dipende solo dalla nostra debolezza dalla nostra perdita di fiducia, dal nostro abbattimento. Noi stessi se crediamo che la calamità abbia sconfitto il simbolo, non siamo in sintonia vera con Notre- Dame nella sua essenza. Notre- Dame è oggi più testimone che mai, vicina a tutti noi, nel fuoco nel dolore e nella gloria.