Caro direttore,
non sono qui a lamentarmi, ma a constatare i fatti: per una famiglia numerosa monoreddito come la mia (10 persone), le spese detraibili superano il tetto massimo solo con l’affitto da studente fuori sede di uno solo degli otto figli. Un altro figlio, laurea triennale in arrivo, si appresta a frequentare il biennio specialistico fuori sede (altro affitto da pagare) e per pochi euro di Isee non ha diritto alla borsa di studio ampiamente raggiunta per merito (nella nostra Regione ne avrebbe diritto, ma il Lazio dove studierà ha regole più stringenti forse perché i fondi andavano in altre direzioni...). Agli altri sei dovrò "tagliare" in gran parte le attività sportive e musicali (faranno quel poco che fornisce la scuola in questo campo, con i contributi aggiuntivi delle famiglie per «ampliamento dell’offerta formativa» anch’essi non più detraibili oltre la soglia). I miei colleghi – marito e moglie, con due stipendi come il mio e due figli – detrarranno la mia stessa cifra, ma certo non faranno 'tagli'.
Se qualcuno mi offrisse prezzi ridotti senza ricevute per gli stessi servizi, rifiuterò, così i miei figli perderanno occasioni di crescita fisica e culturale, e lo Stato rimarrà comunque senza introito fiscale. Fare gli interessi della famiglia non è assisenzialismo, fa bene anche alla società. Mi dispiace moltissimo, caro direttore, ma anche il prezioso abbonamento ad 'Avvenire' è caduto sotto la scure della 'spending review' del bilancio familiare.
Pier Giorgio Tacchi, Foligno (Pg)
Credo che i suoi "fatti", caro signor Tacchi, siano così eloquenti da esentarmi da commenti aggiuntivi. Tranne un paio. Il primo: ma quando ci si deciderà in questo benedetto Paese a smetterla di tartassare chi si sposa e mette al mondo figli e finalmente si comincerà – con tutta la necessaria gradualità, visti i vincoli di bilancio – a investire sul futuro rendendo giustizia alle famiglie e specialmente alle famiglie monoreddito con meccanismi basati sul principio del quoziente familiare? Il secondo: ma è mai possibile che nessuno di coloro che impugnano le forbici dei pur necessari "tagli" riesca a capire che imporre a chi è in situazioni oggettivamente differenti gli stessi identici sacrifici e gli stessi "tetti" è profondamente iniquo perché i sacrifici così peseranno inevitabilmente di più su chi ha di meno? Quest’ultimo è il medesimo interrogativo che echeggia ad altro ma analogo proposito nell’editoriale di Luigino Bruni che pubblichiamo oggi in prima pagina. Io credo che al Governo e in Parlamento, a cominciare dal premier, ci sia chi è in grado di vedere e correggere le storture. E spero che sappia farlo. Quanto a noi, caro amico lettore, sono sicuro che nonostante la "spending review" non ci perderemo di vista...