La sfida di coniugare la ripresa con transizione ecologica e sostenibilità sociale richiede esempi imprenditoriali praticabili e credibili in grado di indicare la strada. È facile affermare in uno slancio d’ottimismo che 'si può fare' ( yes we can), ma individuare e raccontare la storia di chi già ce l’ha fatta in qualche luogo del Paese rende il tutto molto più convincente e credibile («si può fare perché qualcuno l’ha già fatto»).
È per questo motivo che uno degli elementi salienti della Settimana Sociale dei cattolici che si tiene a Taranto da oggi a domenica 24 ottobre sarà l’analisi e la riflessione sulle circa 270 buone pratiche di imprese, Comuni ed enti di Terzo settore accompagnate dalla descrizione delle caratteristiche di ogni esperienza nei diversi domini della responsabilità sociale e ambientale secondo il modello di 'autovalutazione partecipata' dagli stakeholder sviluppato da Next che mette assieme sburocratizzazione e riduzione dei costi rendendo l’approccio particolarmente adatto per le piccole e medie imprese.
Estrarre il succo da questo ricchissimo materiale significa identificare dei tratti comuni distintivi dell’innovazione capace di coniugare valore economico e sostenibilità. Un filone già fortemente evidenziato a Cagliari era quello relativo al saper sfruttare le potenzialità del digitale coniugando aumenti di produttività con maggiori opportunità di conciliazione vita-lavoro per i dipendenti e sostenibilità ambientale.In questo caso l’analisi delle buone pratiche ci aveva portato ben prima dello scoppio della pandemia ad affermare che il digitale e il lavoro a distanza sarebbero diventati ingrediente fondamentale del nostro futuro rendendoci più padroni del nostro tempo e più capaci di armonizzare lavoro, formazione, vita di relazioni e tempo libero. Altro tratto distintivo comune di moltissime delle buone pratiche che racconteremo a Taranto è quello dell’economia circolare. Usare più materia seconda come input della produzione e saper trasformare lo scarto in componente di nuovi prodotti vuol dire per le aziende trasformare il rifiuto da costo in risorsa creando nuove filiere nonché aumentando la propria produttività.
E significa essere saldamente sul sentiero della transizione ecologica riducendo i rischi di finire fuori da un percorso sempre più obbligato per il settore produttivo nel prossimo futuro. Il tasto che usiamo quando suoniamo il pianoforte per amplificare il suono si chiama in inglese sustain. La sostenibilità non è in conflitto con la crescita ma è al contrario l’unica via per potenziare e rendere coerente nel tempo la creazione di valore economico. Un altro elemento distintivo delle buone pratiche è quello delle imprese che sanno valorizzare i percorsi di reinserimento lavoro. Assistiamo in questo caso al fatto solo apparentemente sorprendente di lavoratori appartenenti a categorie fragili (ex detenuti, ex tossicodipendenti, lavoratori con disabilità) che finiscono per contribuire positivamente alla produttività aziendale.
La spiegazione dell’arcano è nello scambio win-win che il reinserimento lavoro realizza. Da una parte l’occasione di riscatto per la persona fragile, dall’altra una maggiore ricchezza di senso del lavoro per tutti all’interno dell’impresa che stimola motivazioni intrinseche, identità aziendale e produttività. Troviamo poi in molte buone pratiche un circolo virtuoso che unisce qualità dei prodotti, reputazione e arte nelle relazioni. La vita economica e sociale si gioca primariamente in quell’area grigia dove asimmetrie informative e incompletezza contrattuale non ci danno tutti gli strumenti necessari per proteggerci da rischi di opportunismo delle controparti.
La fiducia e la cooperazione tra lavoratori e tra imprese emerge quando si è in grado di costruirsi una reputazione nella qualità e nelle relazioni interpersonali che rende attraenti e consente di costruire relazioni di qualità con i dipendenti e con altre imprese nella filiera produttiva. Un’ulteriore grande opportunità dei nostri tempi che emerge da molte storie è quella della nascita delle comunità energetiche con la possibilità per reti di cittadini e di imprese di non subire più la bolletta energetica come un costo trasformandolo in una risorsa.
Le comunità energetiche rendono in fatti i propri membri 'prosumer' consentendo loro di autoprodurre azzerando il costo in bolletta e di realizzare un beneficio economico vendendo le eccedenze in rete. L’ambizione del percorso della Settimana Sociale, ispirata in questo dall’esperienza simile realizzata dal Festival dell’Economia civile, è quella di favorire incontri e alleanze sui territori tra diversi portatori d’interesse. La trasformazione del sistema richiede massa critica e non può essere realizzata con le forze parziali della porzione illuminata di una certa categoria di portatori d’interesse.
Le buone pratiche imprenditoriali moltiplicano forze e realizzazioni quando s’incontrano con amministrazioni lungimiranti, reti della società civile, consumatori e risparmiatori responsabili. La logica dell’alleanza e delle partnership è la chiave della possibilità di successo per il futuro che speriamo e di cui abbiamo bisogno.