Gentile direttore,
ho letto con molto interesse gli interventi ospitati da 'Avvenire' sul Terzo settore. Posso dirle che li condivido anche perché se l’Europa è oggi leader mondiale per la qualità della vita lo si deve alla sussidiarietà, all’economia sociale e all’impegno di molte imprese del non profit. Quanto a quella che lei ha definito la «guerra alla solidarietà», non condivido gli attacchi, spesso scomposti, venuti anche dalla politica a chi si spende per aiutare il prossimo. Per me la politica, come diceva Giorgio La Pira, riprendendo le parole di grandi Papi, dovrebbe sempre essere la forma più alta di carità organizzata. La cooperazione è nata in Europa e il modello italiano è una realtà che va preservata, visto che coinvolge ogni giorno oltre 2,7 milioni di cittadini.
Personalmente appartengo a quella generazione che è nata proprio con il sogno di un’Europa sociale e vicina alle esigenze delle persone. Appartengo alla prima generazione dell’Erasmus: i miei figli hanno studiato all’estero e sono cresciuti con quest’idea di un’Europa unita. Solo che negli ultimi anni il volto che ci è apparso da Bruxelles è stato quello che ha come unici parametri il profitto, il Pil, il rapporto deficit/Pil. Quell’«Europa dell’austerità» che ha portato a un impoverimento generale, soprattutto del ceto medio. Pensiamo che queste elezioni europee sono molto importanti. Bruxelles deve ritrovare la sua dimensione sociale che è stata dimenticata in questi anni a causa del rigore e dell’austerità. L’Europa ha smarrito la capacità di intercettare i bisogni e le aspettative dei suoi cittadini, e in questo avvio del XXI secolo si è mostrata più distante e oligarchica, ha reso sempre più profondo il distacco tra governanti e governati, smarrendo le ragioni profonde che avevano sorretto la prima fase del processo di integrazione. Adesso dobbiamo riavvicinare i cittadini al centro delle decisioni politiche, restituire loro la speranza in un presente e in un futuro migliore e questo lo si fa rafforzando la legittimazione democratica dell’Unione, a partire dal Parlamento che va rafforzato nei suoi poteri legislativi anche perché è l’unica Istituzione europea direttamente legittimata dal voto dei cittadini. In questo modo, si dissolverebbe definitivamente la percezione diffusa che le politiche europee vengano decise da un ceto autoreferente di burocrati, mentre l’Europa è di tutti a partire dai 500 milioni di cittadini che ne alimentano il sogno.
Per me il Terzo settore è un pilastro di questa nuova Europa che vogliamo costruire e non smantellare. È tempo che tutte le diverse anime dell’economia sociale e sostenibile chiedano a gran voce una Europa garantita non solo dalle regole del Fiscal Compact, ma anche da quelle – come è stato detto – di un Civil Compact, per la costruzione di una civitas europea, dove il cittadino ritorni a essere il vero cuore pulsante dell’Europa.
Ritengo che al Terzo Settore vada riconosciuto il ruolo cruciale che svolge quotidianamente al servizio delle persone più vulnerabili. Ecco perché bisogna lavorare affinché la 'macchina del bene' possa correre non solo in Italia ma anche in Europa e questo è stato, è e sarà il mio impegno.
candidata al Parlamento europeo per il M5s e già sindacalista nella Cisl