La retorica dell’impero nascondeva soltanto l’imperialismo. I richiami alla storia, alla cultura e alla religione erano un machiavellico abbellimento delle intenzioni brutali di un’invasione. Due giorni dopo avere ipnotizzato il mondo con un discorso che è stato analizzato nei minimi dettagli, il presidente Vladimir Putin è riapparso in tv alla 6 del mattino in Russia (con un messaggio registrato nei giorni precedenti) per lanciare l’aggressione militare all’Ucraina che stava pianificando da mesi. Nessuna vera intenzione di trattare, una serie di false riassicurazioni sulla volontà di non attaccare e la determinazione a non cedere a nessuna pressione diplomatica.
Gli uomini e i mezzi corazzati ammassati nelle ultime settimane hanno dunque varcato il confine nel Donbass. Nelle intenzioni di Mosca la frontiera tra i due Paesi dovrà diventare soltanto un mero segno sul terreno. Non ci sarà un’annessione dell’Ucraina, ma una sua “finlandizzazione” imposta con le armi. Un governo filo-russo dovrà garantire una neutralità forzata, con un allontanamento della Nato e dell’Unione Europea. Putin vuole uno “Stato cuscinetto”. Ma si tratta di un enorme cuscinetto di 600mila chilometri quadrati, il doppio dell’Italia, con 44 milioni di persone del tutto riluttanti a fare da “barriera” umana per l’autocrate del Cremlino.
Una cosa deve infatti essere chiara: la Nato è un’alleanza difensiva che non aveva e non ha alcuna intenzione di sparare il primo colpo. Anzi, aveva aperto una partnership con Mosca che avrebbe potuto continuare se il revanscismo slavista di Putin e i ritornanti sogni di controllare tutto l’Est come ai tempi dell’Urss non avessero ripreso forza sulle rive della Moscova.
I bombardamenti sulla capitale Kiev e su Odessa, nell’estremo occidente ucraino, dimostrano che i piani erano chiari da tempo. Le previsioni diffuse dagli Usa si sono confermate reali e non hanno scoraggiato l’azione russa. Putin ha minacciato reazioni senza precedenti in caso di interferenze straniere. Europa e Stati Uniti non staranno a guardare, sebbene l’implicita ombra dell’uso di armi atomiche impedisca di agire sul piano militare.
Sanzioni molto più dure sono prevedibili nelle prossime ore, sanzioni che saranno costose per entrambe le parti e che dovranno essere ben mirate. Una così palese violazione di sovranità e una condotta così irridente dei tentati di dialogo non lasciano margini a breve per una ricucitura di questa ferita nel cuore dell’Europa che dal 1945, purtroppo con cedimenti dolorosi nei Balcani e nel Caucaso, ha cercato di uscire dalla logica di potenza e della guerra come strumento per dirimere le controversie.
Si può solo sperare che qualche cuore sia, pur tardivamente, toccato dalla mobilitazione pacifica e dalle preghiere di tante persone di buona volontà, come il Papa ha raccomandato di fare per il prossimo 2 marzo.