Caro direttore,
vedendo quanto successo sabato, il mio pensiero non poteva che ritornare a pensare al film di Mathieu Kassovitz, “L’odio”. Per chi non lo avesse mai visto, è un film capolavoro del 1995, ambientato in Francia. Tutto parte dalla notizia che Abdel, un giovane di 16 anni, versa in fin di vita, dopo essere stato picchiato da un poliziotto durante un interrogatorio. La notizia risuona nella periferia e arriva a tre giovani accecati dall’odio per il sistema, tre amici inseparabili, Saïd, Huber e Vinz, che vivranno la giornata più importante della loro vita. Un film folgorante che entra nel cuore, con dialoghi forti, dal ritmo teso, che non lascia un attimo di respiro, girato in uno spettacolare bianco e nero. Il titolo è l’odio e il protagonista non è altro che l’odio. Un odio cieco che chiama odio: una vita vissuta al limite e immersa nella violenza. Una vita che la voce narrante accosta a un uomo che si butta da un palazzo di 50 piani. A ogni piano diceva: «Fin qui tutto bene, fin qui tutto bene». Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio. Cadendo non ti fai ancora del male. Bisogna prendere in considerazione allora l’atterraggio, è come si atterra che determina tutto. Chi ha scritto e girato quel film aveva capito tutto, ben 23 anni fa. Occorre, allora, tenere i nervi saldi, vigilare e isolare i predicatori del disprezzo. Se vogliamo un mondo migliore e una società più giusta, abbiamo solo bisogno di rompere il circolo dell’odio e della violenza. Partendo da chi si candida a governarci.
Andrea Zirilli
La sua conclusione indica la direzione giusta, la più giusta di tutte e l’unica che abbia senso. Non c’è altro da fare, caro amico. Rompere ogni circolo di odio e violenza e farlo qui e ora, senza paura e senza remissività, è un dovere che ci tocca da cittadini, persuasi da un’idea di civiltà e di legale misura, e da cristiani, interpellati e spronati dal Vangelo.