Nonostante il conflitto ucraino e il ritorno alle fonti fossili, c’è stata un’accelerazione dell’85% rispetto ai cinque anni precedenti per eolico, solare, geotermico e idroelettrico - Ansa
Non sarà la fusione nucleare a salvarci: qualora si riuscisse davvero a progettare un sistema produttivo e distributivo efficace per l’energia che questa nuova fonte potrà produrre, ci vorranno decenni per la sua implementazione. E l’umanità ha un appuntamento immancabile per il 2030: dimezzare le emissioni totali rispetto a quelle del 2019 per rimanere entro gli 1,5 gradi in più da qui a fine secolo. Cosa fare, allora? Per una volta, nulla. O meglio, bisogna seguire con ciò che stiamo facendo: sostituire le energie non rinnovabili con fonti pulite. Infatti, l’energia pulita diventerà la più grande fonte di generazione elettrica a livello mondiale entro l’inizio del 2025, superando il carbone. Sono dati dell’Agenzia internazionale per l’Energia (Iea) estratti dal suo ultimo rapporto sullo stato dell’energia nel mondo (World Energy Outlook 2022). L’istituto più autorevole in materia energetica quest’anno ha sentenziato: entro il 2030 i combustibili fossili rappresenteranno circa il 75% dell’approvvigionamento energetico totale e nel 2050 la loro quota scenderà a poco più del 60%. Ecco il cammino della transizione energetica verso un mondo alimentato a energia pulita, un risultato che è ormai alla nostra portata: siamo entrati nell’era delle energie rinnovabili.
In termini di proporzioni totali il primo grande obiettivo sarà raggiunto intorno al 2050, quando la quota di energia prodotta da combustibili si ridurrà a poco più del 60% del totale, rispetto all’80% di oggi. In attesa della promessa della fusione nucleare
Quando a inizio dicembre ha scosso il mondo la notizia che un gruppo di scienziati avesse ricreato la fisica che alimenta il Sole in un laboratorio, l’entusiasmo ha per un attimo offuscato la realtà. Un esperimento negli Stati Uniti sembrava schiudere la soluzione del problema energetico. In realtà, a freddo, diversi scienziati hanno prefigurato tempi lunghi – anche mezzo secolo – per giungere davvero a un approvvigionamento funzionale di energia tramite fusione nucleare. Cosa che, al momento, non è detto si possa mai realizzare. Scrive il giornalista tedesco Friederike Meier: «Attenzione: la fusione non risolverebbe tutti i nostri problemi, anche qualora ci fornisse energia all’infinito. La crescita economica attuale sarebbe comunque insostenibile. Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere il clima ora, non tra 10, 20 o 30 anni. Invece di aspettare le tecnologie per il futuro, i paesi industrializzati dovrebbero affidarsi a quelle già disponibili». Anche perché la produzione di energie rinnovabili è arrivata finalmente a un punto di svolta.
La crisi di approvvigionamento energetico innescata dal conflitto in Ucraina ha innescato un aggravio di costi del comparto senza precedenti. Una situazione che appesantisce il rincaro delle materie prime derivato dalla pandemia e che ha visto anche i prezzi del polisilicio (componente dei pannelli fotovoltaici prodotto all’80% in Cina) salire alle stelle, rendendo i pannelli solari molto costosi. Eppure il mercato energetico non si è gettato a capofitto su petrolio, gas e carbone. Certo, le fossili sono tornate alla ribalta ma questa situazione ha anche innescato uno slancio senza precedenti delle energie pulite. La Iea afferma che queste dovrebbero crescere di quasi 2.400 GW nei prossimi 5 anni, al punto da rappresentare il 90% di tutta la capacità elettrica aggiunta nel breve periodo a livello mondiale. Se è lecito ipotizzare che questo sviluppo energetico sostenibile sia stato penalizzato dal conflitto ucraino, la realtà descritta dall’Agenzia è diametralmente opposta: un’accelerazione dell’85% rispetto al 2017-2022 e un rialzo di quasi il 30% sulle previsioni dello scorso anno.
Non è un caso: presto o tardi le fonti energetiche non rinnovabili saranno superate da quelle pulite. In senso relativo, questo accadrà già tra 2 anni: l’energia verde diventerà la più grande fonte di nuova generazione elettrica a livello mondiale entro l’inizio del 2025, superando il carbone. In termini assoluti, ovvero di proporzione totale tra rinnovabili e non rinnovabili nel mix energetico mondiale, raggiungeremo il primo grande obiettivo dopo il 2050, quando la quota di energia da fonti fossili si ridurrà a poco più del 60%. Se non sembra un grande risultato, bisogna pensare che la proporzione di non rinnovabili nel mix energetico globale al momento è dell’80%: un livello costante da decenni. Nel report della Iea si specifica che la domanda di carbone raggiungerà un picco nei prossimi anni, quella di gas naturale un plateau entro la fine del decennio e quella di petrolio un punto di massimo a metà degli anni Trenta, prima di scendere leggermente. Mentre la domanda di non rinnovabili è sempre più vicina al picco, le energie rinnovabili sono l’unica fonte di generazione elettrica che continua a crescere. Lo testimoniano gli investimenti: l’anno scorso per la prima volta i mercati del debito hanno raccolto più denaro per progetti ecologici (580 miliardi) che per le aziende produttrici di combustibili fossili (530 miliardi). È il segno di un’inversione di tendenza che paradossalmente è stata consolidata dalla crisi che stiamo vivendo.
Pensiamo all’Europa, il continente più colpito dalle conseguenze energetiche della guerra in Ucraina. Qui già nel 2019 la produzione di elettricità da rinnovabili aveva superato in assoluto quella dalle non rinnovabili. In questi anni, la pandemia e la guerra in Ucraina sembravano aver imposto una veloce retromarcia ai sogni di transizione energetica. Eppure nel 2022 l’impiego del carbone è cresciuto solo dell’1,5%, molto meno di quanto temuto a causa della mancanza di gas russo. E dallo scorso settembre, la generazione da questa fonte fossile è in costante calo, mentre durante l’anno appena passato energia solare ed eolica hanno generato più elettricità del gas per la prima volta in Europa.
A trainare questa rivoluzione nel Vecchio continente ci sono nazioni come l’Austria (oltre il 76% dell’energia proviene da rinnovabili) e la Svezia (75%). E l’Italia? Nel 2022 sono stati installati 3,2 gigawatt (GW) di nuova capacità elettrica verde. Ottimo risultato rispetto al 2021 ma si può fare molto di più: secondo Andrea Cristini, portavoce dell’Alleanza per il fotovoltaico «una settantina di GW sono bloccati in iter normativi: potrebbero essere immediatamente fruibili e velocemente realizzati. Idealmente, potremmo avere una decina di gigawatt in produzione da rinnovabili già dall’anno prossimo e a seguire dieci ogni anno. In 10 anni arriveremmo così a 100 GW: energia prodotta solo da fotovoltaico che sommata a quella derivante da eolico, geotermico e idroelettrico, può concorrere a raggiungere il 70% di autoproduzione energetica». E magari conquistare la sostanziale autosufficienza entro la metà del secolo, quando dovrebbe essere pronta l’ipotetica soluzione della fusione nucleare.
Contenere il riscaldamento globale con soluzioni sostenibili è una scelta dirompente. Abbiamo intrapreso la strada corretta e cominciamo a intravedere la meta: non distraiamoci per seguire scorciatoie inattese In Europa già dal 2019 la produzione di energia da fonti rinnovabili ha superato quella prodotta da fonti fossili
Quindi non bisogna lasciarsi distrarre: le risorse e l’attenzione che la fusione riceverà saranno sottratte a qualcos’altro. Il fascino delle rinnovabili sta anche nel presentare soluzioni che consentono una decentralizzazione e una semplificazione della produzione. Oggi, al contrario, i prezzi elevati dell’energia stanno causando un enorme trasferimento di ricchezza dai consumatori ai produttori. Scrive lo scrittore Omar Hamilton: «La transizione energetica proposta dal capitalismo promette una continuità: l’auto diesel sostituita da una Tesla, la Coca Cola verde, la proliferazione di investimenti responsabili, batteri che mangiano la plastica, carri armati a energia solare ». Contenere il riscaldamento globale applicando soluzioni energetiche rinnovabili è invece una scelta dirompente, distruttiva dello status quo. È anche la scelta di un nuovo modello economico, ma non una posizione politica quanto una soluzione tecnica: la migliore e la più efficace che abbiamo al momento. Abbiamo intrapreso la strada corretta e cominciamo a intravedere la meta: non distraiamoci per seguire scorciatoie inattese, che potrebbero rivelarsi solo chimere.