A proposito dei fatti di Lampedusa e di una battuta del premier Rispondendo alla domanda di un giornalista se il gesto della comandante Carola Rackete non sia da considerarsi un caso di «disobbedienza civile a leggi ingiuste», rientrando così a pieno titolo nella tradizione delle proteste nonviolente del movimento pacifista, il premier Giuseppe Conte ha citato Danilo Dolci, il padre della disobbedienza civile in Italia.
Conte ha invitato i cronisti a leggere qualche saggio su di lui per imparare a riconoscere la vera disobbedienza civile: secondo il premier, in breve, Carola Rackete avrebbe attuato un «ricatto politico» e non dovrebbe essere paragonata in alcun modo al nostro Gandhi italiano, uno dei padri nobili della nostra storia migliore, più volte candidato al Nobel per la pace. Fa piacere che il premier conosca Danilo Dolci, che io considero un mio maestro e che ho avuto la fortuna di frequentare per una decina di anni nel periodo finale della sua vita, quando si dedicava prevalentemente ai temi educativi della maieutica. Fa meno piacere che tale memoria venga usata proprio al contrario di quello che era il sentire e l’agire di Dolci il quale, senza incertezze e con il coraggio che l’ha sempre caratterizzato, avrebbe certamente sostenere l’impegno di Carola Rackete e ribadito come noi che quando la legge non rispetta la vita umana, la vita umana viene prima della legge. Tutte le forme di disobbedienza civile sono nonviolente, coraggiose, e comportano il violare pubblicamente e platealmente una legge (anche Carola ha fatto precedere l’ingresso in porto da un video nel quale ha dichiarato le sue intenzioni), per rendere evidente a tutti l’ingiustizia di quella norma e per mettere le coscienze di tutti di fronte alla necessità di prendere posizione, schierarsi. Padre di questa particolare forma di lotta politica è stato Gandhi, nel 1930, durante la lotta di liberazione del colonialismo inglese, con la famosa marcia del sale.
Mentre, in Italia, il primo a ricorrere a forme di disobbedienza civile con lo «sciopero alla rovescia» è stato proprio Danilo Dolci, un uomo che per tutta la vita ha lottato per difendere i siciliani emarginati da ogni sviluppo sociale ed economico. Era il 1956 quando Dolci guidò un gruppo di braccianti a lavorare per riaprire una strada nei pressi di Partinico abbandonata all’incuria. Al commissario di polizia che era intervenuto per interrompere lo «sciopero alla rovescia », rispose che «il lavoro non è solo un diritto, ma – per l’articolo 4 della Costituzione – un dovere». L’accusa era di occupazione di suolo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale, e Dolci fu arrestato. Al processo fu difeso da Piero Calamandrei, il grande giurista ispiratore della Costituzione italiana. Anche Carola rischia di subire un processo, la cancelliera Angela Merkel chiede che la ragazza venga eventualmente processata in Germania, non sappiamo come andrà a finire: queste forme di protesta coraggiose, in genere, comportano sempre complicazioni penali: Dolci nella sua vita subì 24 denunce e diversi processi, l’ultimo per aver creato una radio clandestina (Radio Libera Partinico). Inaugurata abusivamente nei locali del 'Centro studi ed iniziative', la radio trasmetteva notizie e documentari sulle condizioni dei terremotati che, a due anni dal terremoto del 15 gennaio 1968, vivevano ancora tra le macerie e il degrado, per protestare contro il disimpegno dello Stato e gli sprechi di denaro pubblico nella ricostruzione. difficile, insomma, avere dubbi su da che parte sarebbe stato uno come lui. Perfino le accuse a Carola, ora su tutti i giornali, seguono lo stesso copione: i non violenti vengono sempre accusati di essere, in realtà, i più violenti di tutti, di usare metodi 'ricattatori', di non avere rispetto per l’autorità. Ma una legge che crea un’equivalenza tra soccorritori e criminali, come su queste colonne si è spiegato in più occasioni, è una legge ingiusta e va combattuta. E impone a ciascuno di noi di prendere una posizione.
Pedagogista