Se in tre giorni due Conferenze episcopali regionali, quella del Lazio e quella della Calabria, intervengono sul tema dell’azzardo, se si rivolgono alla politica, se usano parole forti come «gravi danni sulla persona e sulle comunità locali» e «fonte di diseguaglianza e povertà», vuol dire che siamo davvero in una situazione drammatica. I numeri parlano chiaro. Si stima che alla fine di questo anno 2022 gli italiani avranno consumato nell’azzardo circa 140 miliardi, un record, 30 miliardi in più del record pre-pandemia. E intanto le mafie fanno ricchi affari con slot e scommesse, più che col narcotraffico, le estorsioni e l’usura, come denuncia la Direzione investigativa antimafia. Con conseguenze sempre più gravi.
Non è un caso che a muoversi siano i vescovi. Perché, come ha sottolineato il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la Diocesi di Roma, «nelle parrocchie e nei centri di ascolto, tra gli insegnanti delle scuole e negli sportelli delle Fondazioni antiusura, si ascoltano i patimenti, le richieste di aiuto, la disperazione, la sensazione di impotenza». Si ascoltano storie di drammi individuali e familiari, di lavoro perso, attività commerciali svendute, vite disastrate, famiglie sconvolte, reati subiti e commessi, suicidi. « L’azzardo è una piaga che genera mille rivoli, una droga», hanno denunciato i vescovi del Lazio. È «indebolire la legalità e sfavorire la giustizia e la giustizia sociale
in particolare», hanno scritto i vescovi calabresi. Gli uni e gli altri, oltre a denunciare gli affari dell’azzardo e i gravissimi danni provocati, si rivolgono alla politica, e in particolare a quella regionale.
Sia il Lazio sia la Calabria, infatti, hanno approvato o si apprestano ad approvare norme che peggiorano gravemente le leggi regionali che provano a contrastare l’azzardo. Non le uniche perché sono ben 8 le regioni che hanno fatto questa pericolosa “marcia indietro”. È uno dei motivi per cui i pastori del Lazio e della Calabria, con voce chiara, lanciano un forte appello a rivedere tali scelte. E nel caso del Lazio, si rivolgono anche ai sindaci, affinché intervengano per «porre degli argini alle gravi conseguenze connesse al gioco d’azzardo». Il rischio, scrivono i vescovi calabresi, è quello di fare un «regalo di Natale ai cittadini calabresi, alle loro famiglie, alle comunità di una regione che lotta ogni giorno per la legalità e contro l’oppressione della criminalità organizzata». E non solo in Calabria, visto che ormai ogni inchiesta sulle mafie tocca anche affari sull’azzardo.
La scelta di allentare i controlli, di «annacquare le norme» (sono parole del cardinale De Donatis), non è solo un regalo alle mafie, ma un duro colpo alle persone più fragili e alle loro famiglie. Per difendere cosa?
Sicuramente i ricchi affari delle lobby dell’azzardo, ma anche le entrate dello Stato che quest’anno stanno crescendo del 26,8% e alla fine dell’anno supereranno i 12 miliardi. «Una tassa sui poveri per fare cassa», tornano a denunciare i vescovi. Perché l’azzardo costa in termini di degrado personale e sociale. Tanto, troppo. Per questo alzano la voce. La lotta al gioco d’azzardo e all’azzardopatia «non è un gioco e non può essere un azzardo». Una denuncia che nasce dall’esperienza di una Chiesa che da anni e anni soccorre chi finisce nel tunnel dell’azzardo. Una denuncia fatta nel modo più autorevole e documentato.
Parole forti di chi tocca con mano i drammi dell’azzardo. E da tempo si “sporca le mani” anche su questo fronte. E sa che non si può e non si deve tacere. La politica, locale e nazionale, deve una risposta. Troppo facile creare drammatici problemi per incassare la scandalosa «tassa sui poveri » generata dall’azzardo, tanto poi ci sono la Chiesa e volontari credenti e laici ad accogliere e soccorrere usurati, sofferenti e giocatori compulsivi. Questo impegno non verrà mai meno. Ma non è meglio lavorare insieme per evitarli questi problemi?