Un caso di cronaca a Torino impressiona e genera una riflessione preziosa La madre che dichiara di non perdonare il figlio di vent’anni che a Torino ha ucciso un uomo per un pacchetto di sigarette non tradisce l’amore materno, ma al contrario lo applica. Voglio dire: l’amore materno (e paterno, ovviamente) non può perdonare un figlio che uccide, ma deve desiderare che quel figlio vada in prigione e sconti il suo crimine.
Detto altrimenti: se uno uccide, che è la colpa delle colpe, andare in carcere e scontare la colpa 'è un suo diritto'. È il vero bene che possa ricevere in quel momento. Se qualcuno, padre o madre, si dà da fare perché non vada in prigione ma resti libero e la faccia franca (e magari ci riesce), non gli fa del bene ma gli fa del male.
La vita vivibile è la vita collegata da intimi legami con le vite di tutti. L’uccisione di un uomo taglia questi legami. Per vivere, bisogna ricucirli. Chi ha ucciso deve passare attraverso l’espiazione, la cui prima fase consiste nel riconoscere che la pena ci vuole ed è sbagliato evitarla. Alla fine di 'Delitto e castigo' Raskólnikov calcola quanti anni gli restano ancora da scontare, sono otto, e a questa scoperta gli viene da piangere: 'Soltanto otto?'. Lui vorrebbe che fossero di più, perché quel che ha fatto ( uccidere una vecchietta) è mo- struoso, e in questo atto, con l’assassino che fa il giudice di se stesso e si condanna a una pena superiore a quella stabilita dalla Giustizia, comincia la sua redenzione. Senza quella coscienza non c’è riscatto.
La madre di Torino vuole il riscatto di suo figlio, e questo fa di lei una vera madre. Una madre è collegata alle altre madri, vive la sua vita insieme con loro, non contro di loro. Se un figlio uccide un uomo, una madre che punta a esonerarlo dall’espiazione della colpa, perdonandolo e nascondendolo, lo mantiene perennemente nella colpa, se a tavola siede a mangiare di fronte a lui, vedrà continuamente un assassino e mai un figlio. Non-perdonare un figlio è una scelta difficilissima e dolorosa, assai più difficile e dolorosa che perdonare e chiuderla lì. Noi viviamo adesso in una società in cui la famiglia – nonostante tutte le sue crisi – è l’orizzonte che chiude la nostra vita: una cosa va bene se va bene per la famiglia, e nella famiglia dobbiamo proteggerci l’un l’altro, ogni famigliare fa di tutto perché gli altri famigliari siano preservati dalle punizioni sociali e dalla prigione, ed ecco che a Torino una madre dichiara pubblicamente che non perdona il figlio che ha commesso una enorme colpa, sino a che non avrà fatto i conti con l’atto compiuto. In questo rifiuto del perdono, signora, lei è una vera madre. Complimenti per quel che fa.