Per oltre un anno è rimasta ferma nel cortile interno della Cattedrale di Niamey. Sembrava che usarla fosse una mancanza di rispetto per padre Pierluigi Maccalli che l’aveva lasciata accanto alla sua camera. La camionetta era parcheggiata giusto accanto alla porta. Era la 'sua' bianca Toyota 4Wd-AD 9627, Repubblica del Niger (RN) e, naturalmente Niamey (NY). Si pensava dovesse tornare da un giorno all’altro, da una settimana all’altra, da un mese all’altro.
Passato l’anno di prigionia, la comunità missionaria Sma ha scelto di rimettere in funzione la sua macchina e di cominciare a prepararla per l’eventuale ritorno.
All’inizio non è stato facile guidarla. Padre Gigi aveva l’abitudine di passare alla Casa Sma di Niamey ogni due settimane, di media, per acquisti e altre commissioni. Soprattutto tornava in città con l’auto riempita di malati: bambini, anziani, giovani e accompagnatori. Li portava in ospedale e poi dalla Sorelle della Carità che accoglievano gli ammalati nel loro dispensario, dalle porte sempre aperte. Non è stato facile guidare l’auto sapendo dei suoi viaggi per visitare i villaggi, ricevere e portare una bella notizia di pace e di feriale utopia. La macchina dava l’impressione di conoscere la strada e soprattutto le piste dei villaggi. Gigi aveva reso la Toyota quasi come un pulmino, con due ruote di ricambio e i sedili imbottiti: c’era posto per tutto e per tutti. In alto, sul tetto dell’auto, aveva fatto apporre un ferro saldato a misura per ordinare i 'bagagli'.
Quelli della gente e i suoi bidoni per l’acqua, le bottiglie per il gas della cucina di Bomoanga, gli immancabili animali di regalo e le medicine per il dispensario. Soprattutto portava, nel bazar ben organizzato del bagagliaio, il non-visto di ogni volta: la speranza di guarigione per gli ammalati. Ecco perché non era facile guidare quella macchina e sembrava quasi profanarla rimanendo in città. Sono passati ventitré mesi dal rapimento e nella parrocchia e nella 'sua' zona le cose non sono affatto migliorate.
Ancora qualche giorno fa un villaggio è stato circondato, attaccato, saccheggiato e due persone hanno perso la vita. Si teme che quest’area nigerina, come altre, venga alla fine abbandonata dai contadini diventando terra di nessuno e dunque spazio d’azione per i banditi e terroristi di frontiera. In questi ventitré mesi la sua Toyota non è più tornata al villaggio. Circola in città, nella capitale Niamey, dove ancora vige una relativa e precaria calma. All’inizio non è stato facile guidare la sua macchina e allora ho lasciato che lei guidasse me.