Roya Sadat è stata la prima regista e produttrice cinematografica afghana. Insieme a sua sorella Alka ha creato la casa cinematografica che porta il suo nome. Nel 2017 andò a Locarno con il film 'Letter to President', un lungometraggio che descriveva il clima di impunità nei confronti dei diritti fondamentali delle donne in Afghanistan, anche dopo la caduta dei taleban. Roya ha vissuto sulla sua pelle i cambi di regime: prima l’arrivo dei russi e dei taleban quando, a 13 anni, non poté più andare a scuola, poi la libertà riconquistata, ma mai abbastanza. La differenza tra il regime instaurato dai Signori della guerra alleati degli americani non era così evidente nei confronti della vita delle donne.
Per questo 'Letter to President' racconta la vita di una di loro, una funzionaria che non cede alla corruzione, viene accusata di omicidio e perciò è imprigionata e condannata a morte. È la lettera che vorremmo scrivere a tutti i governanti di quei Paesi dove la vita di una donna ha meno valore della vita di un cane. Roya non poté intervenire a Spoleto nel luglio del 2018 perché l’allora governo giallo-verde non le concesse l’autorizzazione per entrare nel nostro Paese: lei infatti aveva un marito e un figlio e avrebbe potuto poi chiedere il ricongiungimento familiare. In sua rappresentanza arrivò Alka, la sorella che vive in Olanda, coproduttrice delle sue opere, che presentò il film insieme alla nostra bravissima Irene Bignardi. Non potremo mai dimenticare l’emozione di quella sera: nel film c’era già la previsione di quello che sarebbe successo.
I «Dialoghi a Spoleto» sono la manifestazione internazionale sull’empowerment femminile che promuoviamo ormai dal 2017 e che hanno visto raccontare e raccontarsi, fino a oggi, 75 donne straordinarie, tra le quali il capo delle Forze armate curde Nessrim Abdallah. Mentre scrivo, moltissime donne italiane sollecitano la firma di tutti noi all’appello lanciato su Change.org per avere corridoi umanitari e far arrivare in Europa (in particolar modo ma non solo) tutte quelle afghane che si sono adoperate per l’emancipazione della popolazione femminile nella loro terra disgraziata.
Così pure stanno chiedendo la Comunità di Sant’Egidio e le Chiese Protestanti (che hanno reso i 'corridoi' un modello di operatività e accoglienza per le nazioni occidentali, insieme alle realtà cattoliche). Il nostro capo del Governo ha detto che l’Italia tutelerà chi ha collaborato con gli italiani. Come dobbiamo interpretare questa dichiarazione? Come saranno selezionate in particolare le donne? Chi avrà la possibilità di un futuro umano? Chi invece perderà tutto, anche la vita? Dopo aver lasciato un intero Paese a un destino di disperazione, cinque fra le nazioni più ricche e 'democratiche' hanno dichiarato che non vogliono i profughi, mentre la piccola e fiera Albania (che dovremmo considerare come la ventunesima regione d’Italia) si è dichiarata disponibile. Che schiaffo morale da Davide ai Golia dell’Occidente, e che esempio di umanità.
Ma noi donne italiane ci chiediamo e chiediamo alla politica cosa possiamo fare, ora, subito, perché è già tardi. Il Comitato scientifico dei «Dialoghi a Spoleto » si rende disponibile a creare una rete di aiuto coinvolgendo tutte le persone di buona volontà, le istituzioni del Terzo settore, le associazioni delle donne, le realtà culturali italiane a partire dal mondo del cinema perché il cinema afghano è il cinema delle donne, fatto dalle donne, per le donne. La 'Lettera al Presidente' di Roya Sadat è la lettera che scriviamo oggi ai nostri Presidenti: a Sergio Mattarella in primo luogo, a Mario Draghi, a Luigi di Maio, a tutti coloro che hanno il potere di far sentire la loro voce. Noi ci incontreremo con il mondo delle religioni monoteiste il prossimo 20 ottobre all’Accademia dei Lincei a Roma, per l’appuntamento 2021 dei «Dialoghi a Spoleto», dove è invitata la presidente di un altro Paese minuscolo ma generoso, il Kosovo, che ben conosce l’universo religioso musulmano e ha aperto i suoi confini ai profughi.
Sarà l’occasione per valutare quanto e come il nostro mondo si sarà adoperato per farsi, in minima parte, perdonare di aver contribuito a creare questa tragedia, il nostro mondo così ricco ed egoista, dove per le bambine andare a scuola è la norma, dove i media si occupano dei Grandi fratelli vip e delle Temptation Island per ore di trasmissioni e dove (faccio qui un appello alla televisione pubblica che tanto amo) 'Letter to President' non ha ancora avuto l’onore di essere trasmesso. Potremmo cominciare da qui, e lo chiedo a Carlo Fuortes, nuovo ad della Rai, per dare un segnale e aiutare l’Italia e l’Europa a capire un po’ di più è un po’ meglio che cosa è accaduto. Ma non possiamo fermarci alla riprovazione: dobbiamo agire, subito, attraverso la costruzione di una Rete internazionale che veda le donne italiane protagoniste di possibilità di salvezza per le loro sorelle afghane.
Comitato Scientifico dei Dialoghi a Spoleto (Angelipress.com)