Il crepitìo del fuoco nel camino, i colori caldi e morbidi di una casa di campagna, la luce soffusa sui visi degli ospiti allegri e ben disposti dopo una cena di leccornie toscane. Si vuole godere il relax meritato dopo una giornata di grandi camminate, mentre ora, fuori dai finestroni della casa, il cielo sfuma nell’indaco della sera illuminata da una mezza luna sorridente e amica. Esce fuori un mazzo di carte e un vino da meditazione. Il mantra non esplicitato nella piccola compagnia, ma interiorizzato e rigorosamente rispettato, è: niente discorsi impegnativi, solo serena convivialità: ci sono lutti, malattie da esorcizzare. Madre e figlia (entrambe ingegnere) si sfidano in un gioco di carte: sono capitate in schieramenti opposti e si fronteggiano divertite. A un tratto la madre cala tre carte che ribaltano l’esito della partita. Un amico motteggia: «Beata te che c’hai l’asso, beata te che c’hai la pinella, beata te che hai scovato pure l’ultimo jolly rimasto». E un altro sarcastico «Questa è la nuova versione aggiornata e corretta delle Beatitudini? ». Tutti sorridono, qualcuno con un certo imbarazzo per la battuta spregiudicata. La signora, dimentica un po’ della sua sicurezza da professionista e chiede disorientata: «Che sono le beatitudini?».
All’improvviso si fa silenzio, un silenzio imbarazzato: probabilmente tutti conoscono, almeno per sentito dire, l’evangelico Discorso della montagna, ma tacciono per non mettere in difficoltà l’amica. La figlia la guarda sorpresa e un po’ scandalizzata: «Mamma, non è possibile che non conosci le Beatitudini, come fa una donna che si ritiene colta a non conoscerle? ». La madre annaspa un po’, guarda la figlia: «Ma insomma che cosa sono?». Ancora silenzio complice da parte di tutti gli altri. «Mamma, è il passo del Vangelo forse più famoso di tutti, Gesù ribalta le gerarchie mondane e indica i beati nei più umili, negli ultimi della terra». La madre è basita: «Ma io non sono credente e tu , tu, tu, chi ti ha insegnato queste cose?», balbetta . Ora qualcuno cerca su internet e recita a voce alta: «Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli; beati gli afflitti perché saranno consolati, beati i miti perché erediteranno il mondo; beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saziati...».
L’ingegnere continua a non capire. Non ci sta a fare la parte di chi ignora una cosa fondamentale, scuote i capelli illuminati da mèche curatissime: «Va beh, va beh, ma ricordate quello che ci ha sempre spiegato la nostra amica Silvia, che insegna filosofia e la sa lunga, non vale la pena leggere queste cose, la religione è l’oppio dei popoli, ma tu, figlia mia, come hai fatto a diventare così?». È addolorata dal fatto che la sua caparbia educazione laica non abbia sortito i risultati sperati, già immagina la sua figlia adorata con un velo di pizzo nero in testa e il rosario in mano. Manca poco che le chieda: chi ti ha plagiato, chi ti ha corrotto. E la ragazza, serena e dolce, le spiega: «Mamma il mio ragazzo è cattolico, io lo accompagno a Messa, già che ero lì, invece di stare come un’idiota, mi sono messa ad ascoltare. E domenica dopo domenica ho capito che in questa religione che tu tanto aborri, ci sono tante cose giuste, che il Messaggio è buono, non posso ancora dire di essere diventata cattolica, però queste sono le nostre radici, la tolleranza, l’apertura all’altro l’abbiamo imparata da quel Discorso, non puoi andare alle manifestazioni per l’accoglienza ai migranti e non sapere che in questo c’è un po’ di Vangelo... E poi se tanta gente crede, è possibile che siano tutti stupidi o troppo impauriti per vivere da atei?». Qualcuno sta lodando adesso l’apertura mentale, la disponibilità, la freschezza della giovane. Un’amica sussurra alla madre: «Tua figlia ti dà una pista, noi siamo rimasti incancreniti su vecchi schemi ideologici, 'una persona pensante non può credere', ma chi l’ha detto poi? E se ci fossimo persi qualcosa?...».