Dal racconto alla riflessione per arrivare alla profezia. Che poi significa narrazione e ascolto, discernimento e, infine, decisione, per dare forma concreta, il più possibile contemporanea, all’annuncio. Il Cammino sinodale della Chiesa in Italia scandisce i suoi tempi avendo chiari gli obiettivi ma senza porre freni alla creatività, senza imbavagliare lo stupore. Sapendo bene che lungo la strada gli ostacoli possono diventare opportunità mentre la rosa cresciuta nel giardino di casa, insieme al regalo dei colori e del profumo, può ferire con le sue spine. Si tratta di essere preparati, di incamminarsi ben coperti per viaggiare sicuri ma pronti anche alle sorprese.
Ecco allora il senso delle Linee guide diffuse ieri dalla Cei per la seconda fase del Cammino sinodale, quella “sapienziale”. Non un documento blindato, di decisioni già prese, ma al contrario l’indicazione di un itinerario che tiene conto sia della strada percorsa che di quella da fare. Come nelle staffette quando il terzo centometrista, uscito dalla curva, passa il testimone all’ultimo compagno per un finale a tutta velocità.
Il periodo preso in considerazione è il biennio 2023-2024, che si concluderà nel prossimo mese di maggio con l’Assemblea generale della Cei punto di partenza della terza fase, quella “profetica”. Fino ad allora sarà un lavoro di cesello e valorizzazione delle storie e delle esperienze raccolte nel primo “tempo”, caratterizzato dall’ascolto. Oggi la parola chiave è dunque “discernimento”, cioè, banalizzando un po’, capacità di scelta. Non però in modo casuale ma al culmine di un esercizio di riflessione e studio che chiede intelligenza, perizia, volontà e affetto. Alla luce della sapienza biblica, più che mai lampada sul cammino dell’uomo e sintetizzata, nel documento Cei, dall’icona dei discepoli di Emmaus, riferimento anche per il titolo: «Si avvicinò e camminava con loro».
Con la fase sapienziale, sottolinea il testo, si apre «la questione decisiva», cioè «come collegare la partenza e la meta», ovvero «quali ponti costruire perché il rinnovamento ecclesiale coltivato nella fase narrativa non rimanga solo un sogno». C‘è infatti più che mai bisogno di realtà, di lettura dei segni dei tempi, di studiare spazi e modi della propria presenza. La domanda di fondo non è «cosa il mondo deve cambiare per avvicinarsi alla Chiesa» ma «cosa la Chiesa deve cambiare per favorire l’incontro del Vangelo con il mondo». Di qui il dovere del cristiano di aprirsi gli altri, di non restare chiuso in una comfort zone tra persone che la pensano tutte come lui ma di scendere nei crocevia della vita ferita, di confrontarsi con i distanti spezzando con loro «il pane della comune umanità».
Una sfida difficile, che per essere efficace ha bisogno di avere alle spalle una comunità solida, dove si ha la forza e l’umiltà di ascoltarsi reciprocamente. Altrimenti l’immagine sinodale del “Camminare insieme” resterà una bella cornice intorno a un brutto quadro e la stessa spinta al rinnovamento non sarà altro che un esercizio intellettuale. Perché solo confrontandosi si può operare un cambiamento efficace senza annacquare il messaggio evangelico. Cinque i “macro-temi” individuati come “luoghi” in cui esercitare il discernimento: la missione secondo lo stile della prossimità, il linguaggio e la comunicazione, la formazione alla fede e alla vita, la sinodalità permanente e la corresponsabilità, il cambiamento delle strutture. “Dentro” ci sono le domande che si pongono tutti: sul ruolo delle donne e il protagonismo dei laici, sulle parrocchie senza preti residenti, sull’accoglienza, sulla liturgia da rimodulare. E l’elenco potrebbe essere molto più lungo.
Le Linee guida non danno una risposta ma indicano uno stile, quello del discernimento. E un criterio per realizzarlo. Alla base un concetto speciale, anzi un avverbio. Si ragiona e quindi si decide, non uno per tutti o da soli, ma “insieme”.