mercoledì 5 febbraio 2014
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L'evasione dell’ergastolano Domenico Cutrì e la fuga del boss della ’ndrangheta Saverio "Saro" Mammoliti piovono come macigni sull’approvazione ieri sera del cosiddetto decreto "svuotacarceri". Prevedibili, ma non giustificabili, le reazioni di chi ora invoca celle sbarrate e nuovi inasprimenti delle libertà. Giustificabili, invece, le preoccupazioni per le evidenti falle nel sistema di sicurezza. Alcune sicuramente clamorose. Ed è qui il nodo. Da un lato garantire il rispetto delle norme, tutelare i cittadini, in particolare chi sceglie con coraggio, come la cooperativa Valle del Marro, di denunciare le violenze ’ndranghetiste.Dall’altro garantire carceri umane. Per tutti, violenti compresi. E le carceri italiane non lo sono, come ha sentenziato la condanna della Corte di Strasburgo, per il drammatico sovraffollamento. Una condizione che impedisce materialmente quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Lavoro e socializzazione, occasione di cambiamento e di riscatto per chi lo voglia. Per tutti, ergastolani compresi. Ma le celle che scoppiano, la mancanza di attività lavorative o di integrazione lo impediscono. Il decreto approvato ieri sera prova a rispondere non solo alle contestazioni europee, ma a imboccare una strada diversa da quella dei provvedimenti-tampone. C’è chi teme un’uscita in massa di mafiosi e malavitosi, timore rafforzato dalle due gravi evasioni. Ma, lo ripetiamo, i livelli sono diversi. Umanità e sicurezza possono e devono convivere. Anzi la prima potrebbe essere proprio l’arma migliore per garantire una sicurezza più duratura. Un detenuto recuperato è un criminale in meno.Ma la bilancia della giustizia continua a ondeggiare tra eccessi opposti: durezza e lassismo. E così si corre dietro alle emergenze. Ecco perché dopo il necessario decreto non ci si potrà fermare: in passato anche l’indulto è stato solo un (controverso) palliativo. Tra boss in fuga, sicurezza a rischio, carceri inumane, mancato reinserimento degli ex detenuti, si deve saper mettere mano a riforme strutturali. Proprio come chiede, ancora largamente inascoltato, il presidente Napolitino.
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