Caro direttore,
sono una donna di 46/47 anni; sono malata di mente e il mio primo psichiatra, dal quale sono andata ventisette anni fa perché volevo diventare suora missionaria, mi ha detto: «Lancia una moneta ». Forse perché il caso è un altro nome di Dio. E così mi trovo a scriverle e augurarle, caro direttore di “Avvenire”, una buona giornata.
Silvia F.
Grazie davvero del suo pensiero e del suo augurio, cara signora Silvia. Non so se lei sia davvero “malata di mente”, so però che lei è gentile e profonda. Le rispondo perciò con gioia e con una frase sulla “vocazione” di Teresa di Calcutta, una donna che il desiderio di diventare suora missionaria lo realizzò pienamente e non per una via facile, ammesso che ne esista una. Una sorella che tutti noi, anche oggi che è stata riconosciuta Santa, chiamiamo prima di tutto e semplicemente “madre”. «Bisogna svuotarsi di tutto per lasciarLo entrare, per fare ciò che Egli vuole. Questa – diceva e continua a dirci Teresa di Calcutta – è la cosa più bella di Dio: essere onnipotente, eppure non fare costrizione verso nessuno ». Faccio fatica a concepire il caso come un altro nome di Dio, perché il caso non basta a contenere Lui e neanche la nostra libertà che è figlia dell’amore. Anch’io, poi, non finisco di imparare che proprio questo, Amore, è l’altro nome di Dio. Le auguro ogni bene.