Primum convivere
domenica 25 settembre 2022

La reazione di Putin alla controffensiva Ucraina – la mobilitazione che porterà centinaia di migliaia di persone al fronte – sta suscitando un’ondata di proteste interne. Il rischio è che, sempre più impantanato nella guerra aperta che ha scatenato con l’invasione, il leader russo possa essere tentato di cambiare di nuovo la scala del conflitto e pensare all’escalation nucleare, anche come un modo per chiamare a raccolta i suoi alleati (peraltro assai riluttanti) in una crociata antioccidentale.

La contrapposizione tra le democrazie e le autocrazie è da molti considerata la linea di frattura fondamentale dei prossimi anni. Una lettura ritornata anche negli interventi di questi giorni all’Assemblea generale dell’Onu. Esito inatteso dei decenni della globalizzazione, questa polarizzazione ci consegna a una nuova stagione storica: per la prima volta, alcuni degli elementi costitutivi e distintivi della modernità occidentale – e segnatamente il complesso scienzatecnologia- economia – hanno cominciato a incardinarsi in contesti culturali molto diversi da quelli occidentali, a cominciare da quello cinese o indiano. Un passaggio gravido di conseguenze: su scala globale, si apre una stagione che rischia di essere vista in termini di egemonia, mentre nessuno sa esattamente quali saranno le forme istituzionali e culturali che l’inculturazione extraoccidentale della modernità porterà con sé.

L’idea coltivata negli anni 90 del Novecento – secondo cui l’esportazione dell’economia consumista e del benessere si sarebbe velocemente tradotta in sviluppo delle democrazie – si è rivelata un’illusione. E non di può dimenticare che quella dottrina portò a guerre sbagliate, in nome della volontà di «esportare la democrazia».

Di fatto, la rapida crescita economica e tecnologica convive, in molte aree del mondo, con regimi autocratici che puntano a percorrere una via diversa da quella occidentale. Ipotesi tutta da dimostrare, ma che oggi ci consegna il problema del difficile confronto tra modelli politici diversi in un mondo economicamente e tecnologicamente interdipendente.

Il punto è che la democrazia è un sistema politico estremamente complesso che può affermarsi solo in presenza di ben precise basi culturali. E la sua riproduzione in contesti culturali non occidentali – per nulla scontata – ha comunque bisogno di molti anni. Più probabilmente di decenni.

I sintomi delle difficoltà delle autocrazie sono evidenti: via via che il benessere e il livello di istruzione della popolazione crescono, diventa sempre più difficile conculcare la libertà. Lo provano le proteste che in questi giorni si registrano in Russia. O le manifestazioni in Iran contro la violenza letale usata dalla polizia nei confronti di una giovane donna 'rea' di aver messo male il velo. Ma si tratta di segnali ancora deboli. Una reale inculturazione del modello democratico rimane un obiettivo di lungo periodo.

Per questa ragione, accettare lo schema 'democrazie vs. autocrazie' è pericoloso. A cominciare dalla crisi ucraina. In un mondo pieno di tiranni, occorre cercare di evitare di compattare il fronte antioccidentale concentrandosi su un obiettivo fondamentale: affermare il principio che la convivenza internazionale – da cui deriva anche la possibilità di generare crescita, benessere e decente libertà per tutti – deve rispettare lo stato di diritto e le regole scritte nella carta costituiva dell’Onu. Nessuno può pensare di fare quel che vuole al di fuori dei propri confini.

L’isolamento di Putin al vertice di Samarcanda e la crescente freddezza della Cina nei confronti dell’alleato-cliente-fornitore russo fanno emergere le preoccupazioni diffuse per il possibile caos globale. Rispetto a febbraio il clima è dunque molto cambiato. E in questo momento è fondamentale riprendere e rafforzare questo punto: la pace è un interesse globale che, al di là dei diversi interessi in gioco, va garantito da tutti. Diffondere la democrazia oltre i confini occidentali è una questione di lungo periodo che implica un lento cambiamento culturale. Consolidare un sistema di regole internazionali che permetta la convivenza tra culture diverse è un obiettivo immediato che la vicenda dell’Ucraina porta drammaticamente alla ribalta. Confondere questi due piani – e i loro diversi tempi storici – è un errore e può generare tragedia. Nello scenario internazionale in cui ci troviamo, l’Occidente è dunque chiamato a una difficile prova.

Il segnale dato a Putin in questi mesi è stato chiaro: non è ammissibile usare la logica della violenza al di fuori dei proprio confini. Il rispetto dello Stato di diritto è il presupposto della convivenza internazionale. Ed è su questo punto che occorre costruire un consenso ampio, al di là del circolo dei Paesi democratici. Per questo, il linguaggio bellico della 'vittoria' non è quello appropriato per gestire questo momento drammatico. Sul piano internazionale, le democrazie devono oggi mostrare quella saggezza che dicono di incarnare. Superare questa crisi deve avere come obiettivo primario l’unione di tutti coloro che capiscono la necessità di regole chiare e condivise nella gestione di un mondo dove la diversità deve convivere con l’interdipendenza. E la democrazia deve diffondersi per contagio e per attrazione, non per intimazione e presunzione. Così si contribuisce a non consolidare l’idea che ci troviamo di fronte a un mondo irrimediabilmente spaccato in due. Ogni altro modo di pensare , e di fare, rischia di spingerci verso l’abisso dello scontro assoluto.

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