Gentile direttore,
parto da un mio personale giudizio rispetto all’Ici in generale, che ritengo una tassa iniqua, al pari della gabella sul macinato, poiché colpisce un bene primario come la casa, indispensabile per la formazione libera e stabile della famiglia, acquisita con sacrificio e magari non ancora pagata del tutto, con un mutuo ancora acceso. Il fatto di averla riproposta, evitando di tassare le rendite finanziarie e senza intaccare gli sprechi dello Stato e dei Comuni, è stato un atto gravemente irresponsabile nei confronti del popolo, e che i partiti autenticamente popolari o che abbiano un minimo riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, non avrebbero dovuto avallare, pur in presenza di una crisi grave. Tuttavia in base al principio di sussidiarietà, universalmente riconosciuto anche da un gruppo di lavoro interparlamentare, con partecipanti che vanno dall’onorevole Lupi del Pdl all’onorevole Letta del Pd, lo Stato dovrebbe agevolare dal punto di vista normativo, o quanto meno non gravare di tassazioni aggiuntive, il lavoro di supplenza dell’intervento pubblico nel sociale, che la Chiesa svolge quotidianamente, attraverso molteplici opere educative ed assistenziali, in svariate e infinite forme che la fantasia e la concretezza della carità popolare e cattolica hanno creato, universalmente riconosciute da tutte le persone ragionevoli. Desiderei un suo personale giudizio sul giornale più bello e interessante che io conosca.
Giovanni Santachiara
La penso proprio come lei, caro signor Santachiara. E credo che la tassazione sulla prima casa sia spiegabile solo con la presenza nel nostro Paese di una grande evasione fiscale che spinge a prendere di mira anche quei "beni al sole" che sono tutto meno che un lusso. Quanto all’importanza delle attività non profit di "Stato sociale sussidiario", non perdiamo occasione per sottolinearla sulle nostre pagine. E continueremo a farlo.
La gente comune ne è già consapevole per esperienza diretta, speriamo che politici e giornalisti "distratti" prima o poi comincino a capire che le agevolazioni fiscali riservate a tali realtà non sono una ricchezza sottratta al Paese, ma un giusto riconoscimento del ruolo e della generosa e creativa supplenza esercitati. Un sostegno "dall’alto" al più prezioso dei sostegni 'dal basso' alla vita delle famiglie e delle comunità e, in special modo, più che mai oggi, di chi è in difficoltà.