Il fenomeno della globalizzazione fa sentire i suoi effetti anche nell’ordinamento giuridico del più piccolo Stato del mondo: la Città del Vaticano. Lo dimostra il consistente intervento del legislatore vaticano destinato a innovare, in vari casi profondamente, il sistema penale e processuale penale dello Stato.
Per comprendere le ragioni dell’ intervento giova ricordare che nel 1929, quando venne creata la Città del Vaticano a seguito dei Patti Lateranensi, si pose il problema di provvedere immediatamente a dotare la stessa di leggi adeguate, non potendosi attendere i tempi, necessariamente non brevi, di intervento del legislatore del nuovo Stato. Il problema fu risolto attraverso la recezione dei codici allora vigenti in Italia. Da quel momento però la materia civile e quella penale hanno avuto vicende diverse, perché nel 1946 lo Stato fu dotato di un suo proprio codice di procedura civile e nel 2008 la nuova legge vaticana sulla fonti del diritto sostituì il codice civile italiano del 1865 con il codice civile del 1942, tuttora in vigore in Italia.
In materia penale e di processo penale, viceversa, la situazione è rimasta sostanzialmente quella delle origini, se si eccettuano alcune modifiche apportate nel 1969 da Paolo VI. Con le leggi approvate ieri dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, cioè l’organo che esercita il potere legislativo, si danno sostanziali modifiche ai codici vigenti: quello penale italiano del 1889 e quello di procedura penale italiano del 1913.
Si deve dire subito che si trattava di ottimi codici, di impianto liberale, adeguatamente garantisti, che anche nelle più recenti e note vicende hanno dato buona prova. E tuttavia i profondi mutamenti che la società ha conosciuto negli ultimi decenni e l’affermarsi di nuove forme criminali, avevano via via messo in luce l’esigenza di un intervento sostanzioso sul sistema penale originario, per mettere anche il Vaticano in linea con gli standard invocati dalla comunità internazionale e nella condizione di affrontare meglio – e, per certi versi, in maniera davvero esemplare – i nuovi fenomeni criminosi. Si noti al riguardo che se lo Stato è piccolissimo e se il suo popolo è estremamente ridotto, tuttavia il suo territorio è attraversato ogni anno da un numero proporzionalmente enorme di persone: sono oltre diciotto milioni, infatti, coloro che si recano annualmente in Vaticano per motivi religiosi, turistici, di lavoro. A questo si deve aggiungere che per varie ragioni la criminalità assume sempre più dimensioni che superano i confini dei singoli Stati e impongono forme di intervento coordinate tra di loro. La società internazionale si è data progressivamente strumenti giuridici atti a prevenire e reprimere questi fenomeni; molte convenzioni internazionali sono intervenute, ad esempio, in materia di terrorismo, di traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope, di tortura o altri trattamenti inumani, di lotta alla discriminazione razziale, di genocidio, di delitti contro l’umanità, di protezione dei fanciulli. Si tratta di convenzioni ratificate dalla Santa Sede, che condivide e sostiene gli sforzi delle comunità politiche nazionali e della comunità internazionale per la sicurezza e l’ordine dell’intera famiglia umana; esse avevano però bisogno di una piena attuazione interna.
Non è questa la sede per entrare in un esame dettagliato delle nuove disposizioni, che prevedono tra l’altro l’introduzione di nuovi reati o la ridefinizione di fattispecie penali già esistenti, l’abolizione della pena dell’ergastolo, l’enunciazione del principio del giusto processo, la modifica delle norme generali in materia di giurisdizione, il rinnovamento del sistema di cooperazione giudiziaria internazionale e la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato. Tuttavia è importante notare che, come già accaduto nel 2010 col provvedimento di Benedetto XVI per il contrasto delle attività illegali in campo finanziario, anche questa volta il
motu proprio di Papa Francesco dispone che la nuova normativa, dettata per la vita della Città del Vaticano, si estenda pure alle persone e agli enti operanti nella Santa Sede e alle istituzioni a questa collegate, con l’effetto di allargare la competenza penale degli organi giudiziari statali vaticani.
Nel perseguimento degli specifici obbiettivi indicati, le riforme ora introdotte nell’ordinamento vaticano tendono a mantenere viva e vitale l’esigenza che è alle origini stesse della nascita di questo micro-Stato: garantire, rispetto a ogni autorità e a livello planetario, la piena libertà e la reale indipendenza del Papa nell’esercizio della sua missione spirituale nel mondo.