Il viaggio, lungo o breve che sia, non ha bisogno di scarpe di vernice e vestiti eleganti. Non serve neppure la prenotazione, perché ci sono posti per tutti, sempre. L’unico requisito davvero necessario è un cuore di carne, docile all'azione dello Spirito. Che significa occhi che cercano il bello e il buono, mani unite nella preghiera, braccia tese a sollevare chi cade, labbra capaci anche di tacere, mente e orecchie che sanno perdonare, gambe disposte alla fatica. Piccole tesserine quotidiane tenute insieme dall'ascolto della Parola che diventa vita, dal Vangelo testimoniato con e per gli altri, dalla vicinanza di una comunità, dal coraggio di chiedere scusa.
Perché il cammino, l’itinerario, meglio il viaggio della santità, non seleziona tanto i perfetti quanto gli uomini e le donne forti innanzitutto della loro debolezza, pieni di difetti come tutti gli altri, ma che non vi si affezionano, tantomeno li ingigantiscono, semmai ne fanno un vocabolario universale di umiltà, una password facilmente clonabile con cui incontrare gli altri sul tormentato terreno della comprensione reciproca e della misericordia. Allora, guardando a tante biografie di santi pubblicate nei secoli, viene voglia di dire: li abbiamo raccontati male. Troppe aureole su teste senza un capello fuori posto, troppi giorni poveri di passione, troppe infanzie e poi vite adulte trascorse senza una caduta, con gli occhi perennemente sollevati al cielo. Esistenze persino noiose, quasi svincolate dal mondo, mentre nella realtà hanno dovuto fare i conti con le lacrime, con la sofferenza, con l’incomprensione, con le porte chiuse in faccia su sogni che non si sarebbero avverati.
Lo capisci guardando alle storie di chi mercoledì ha visto accelerare il cammino verso la beatificazione. In particolare il Papa, come si dice nel linguaggio un po’ complicato della Chiesa, ha autorizzato i decreti che riconoscono il martirio di tre infermiere laiche, vittime, in odium fidei, della guerra civile spagnola. Prossime beate cui vanno aggiunti sette nuovi venerabili, vale a dire uomini e donne che hanno vissuto in modo eroico il Vangelo e ora, a completare il cammino verso gli onori degli altari, attendono il riconoscimento di un miracolo, di una guarigione inspiegabile ottenuta per loro intercessione. Vicende originali e comunissime, come quelle di chiunque si sia affacciato sulla terra. C’è la testimonianza straordinaria di don Enzo Boschetti il sacerdote pavese che ha trasformato un piccolo scantinato in una grande realtà, la Casa del giovane, aperta all'accoglienza dei tanti volti del disagio. Ci sono fondatori di Istituti religiosi. C’è don Augustus Tolton, l’ex schiavo, ordinato sacerdote a Roma perché nei Seminari statunitensi non venivano accettati afroamericani. Tornato negli Usa, era il 1889, si trasferì a Chicago dove iniziò il suo ministero in un negozio utilizzato come chiesa.
C’è, soprattutto, Felice Tantardini, missionario laico del Pime (Pontificio Istituto missioni estere) per 69 anni in Birmania, l’attuale Myanmar, dove mise a disposizione di chiunque ne avesse bisogno buonumore, incudine e martello. Ferri del mestiere con cui lui, “fabbro di Dio” come amava autodefinirsi, costruì case, chiese, scuole, seminari, orfanotrofi. Sempre sorridente, sempre con la pipa in bocca, perché anche i migliori hanno qualche debolezza, sulle labbra e nel cuore sempre una preghiera alla Madonna cui era devotissimo. Guardando a lui, come al partigiano Aldo Gastaldi detto “Bisagno” di cui si sta per aprire la causa di beatificazione, la mente si chiede quanti siano le persone, magari trascurate in vita, che oggi sono nel cielo di Dio. Figurine semplici, magari povere e senza titoli di studio ma grandi nell’unica qualità che completa l’essere umano e lo rende felice: fare la volontà del Signore, percorrere la strada che ha pensato per lui. Un itinerario per ognuno diverso, ma che chiede a tutti la stessa cosa, nient’affatto semplice: la rinuncia a se stessi, il lasciarsi abitare dallo Spirito, la disponibilità al cambiamento, alla conversione. Che può non avvenire mai, subito o all'ultimo momento. In abito da festa o in tuta da lavoro, persino in carcere o nell'ora della morte. Come l’ultimo dei dimenticati sul palcoscenico della terra, come il “buon ladrone”. Sicuramente in Paradiso perché portato direttamente da Gesù.