martedì 8 gennaio 2013
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Caro direttore,abbiamo avuto molti anni di dittatura... Abbiamo avuto tanti anni di governi politici... Abbiamo avuto anche un anno di governo tecnico.... E se alle prossime elezioni eleggessimo anche delle casalinghe, quelle che sanno governare le famiglie senza sprechi e senza andare in rosso?! Mia moglie ci governa tutti da 51 anni stabilendo le precedenze nelle spese e a volte imponendo dei "no" risoluti. Infatti, non siamo andati in malora. Peccato che sia solo un sogno...Alberto Monachesi, Milano

Per diverso tempo, caro signor Monachesi, ho pensato e scritto che la logica delle “quote rosa” elettorali suggerita da alcuni per equilibrare una rappresentanza politica larghissimamente maschile fosse una logica sbagliata. Una logica inutile e forse anche ghettizzante, perché il problema poteva essere superato di slancio grazie soprattutto alle scelte di voto delle donne (che rappresentano la maggioranza del corpo elettorale). Sono un ottimista, ma un ottimista che fa i conti con la realtà. E ho cambiato, in qualche misura, parere. Constatando, infatti, che le cose da sole non cambiavano o comunque non cambiavano abbastanza rapidamente, ho in seguito giudicato ragionevoli e appropriati i percorsi normativi che anche in Italia hanno cominciato a scardinare in alcuni settori della vita civile l’idea che i ruoli dirigenti fossero sostanzialmente incompatibili o comunque difficilmente armonizzabili, a parte poche eccezioni, con la femminilità e con la maternità. Considero, insomma, positive leggi come la 120/2011 che prevede nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in mercati regolamentati (e il regolamento analogo varato per le società pubbliche) la presenza di almeno un terzo di membri appartenenti «al genere meno rappresentato», cioè appunto donne. Vorrei che fossero norme “a dissolvenza progressiva”, perché via via non più necessarie grazie a più radicate mentalità e a pratiche reali tese a valorizzare meriti e competenze di uomini e donne senza più “svantaggiare” queste ultime. Io che nella mia carriera di cittadino-elettore ho votato spesso donne per le quale avevo grande stima, vedrei di buon occhio una legge elettorale che – almeno in una fase transitoria – ci consentisse di esprimere una sola preferenza per il nostro parlamentare, ma raddoppiabile nel caso di una scelta al maschile e di una al femminile. È solo un esempio, caro amico, ma per dirle che proprio come lei considero preziose e persino indispensabili le competenze, le sensibilità e la praticità delle donne, la loro strutturale e vitale capacità di “essere per” (che in questo tempo troppo si nega e si capovolge...). Ovviamente non penso che basti essere donne per essere buone amministratrici della cosa pubblica. Perché le donne, esattamente come gli uomini, hanno tutte la stessa dignità e hanno diritto alle stesse occasioni, ma non sono tutte uguali.

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